Nell’oceano di Europa per trovare la vita aliena

Europa, Titano, Encelado: forse proprio quassù, sotto la spessa crosta  ghiacciata che riveste queste lune di Giove e Saturno, si nascondono degli organismi alieni. Una possibilità che è più di un’ipotesi, tanto che la NASA ha in programma di mandare entro la fine del decennio una sonda su questi gelidi satelliti (prima in lista, la missione denominata Europa Clipper) alla ricerca di tracce di vita e- in un futuro più lontano- anche un mezzo per scavare un tunnel tra quei ghiacci ed esplorare l’oceano sottostante con un sottomarino.

TITANO, LA GRANDE LUNA DI SATURNO

TITANO, LA GRANDE LUNA DI SATURNO

Per avere un’idea di come potrebbero apparire quei mari extraterrestri, gli astrobiologi stanno intensificando lo studio del mar Artico– per molti versi, dall’aspetto alieno. Come ad esempio Kevin Hand, direttore del laboratorio oceanografico del Jet Propulsion Laboratory della NASA. Hand si sta concentrando sulle tecnologie necessarie per poter esplorare queste lune ricche di acqua del nostro sistema solare. Nel suo libro “Alien Oceans: The Search for Life in the Depths of Space” (“Oceani alieni: la ricerca della vita nelle profondità dello spazio”) spiega quanto sia cruciale conoscere i mari della Terra per comprendere poi quelli extraterrestri.

Concetto che ha approfondito in un’intervista pubblicata online dal National Geographic, nella quale si è detto certo che viviamo in un universo biologico e che esiste la vita anche su altri mondi con le necessarie condizioni. Prima fra tutte: la presenza di acqua liquida. Ecco perché quegli enormi oceani nascosti sotto la superficie gelata di quelle lune sono i posti migliori nei quali iniziare la ricerca sia di animali fossili che di creature tuttora viventi, magari con DNA, RNA e biochimica di base del tutto differenti da quelli terrestri. Le lune di Giove e Saturno, secondo il ricercatore della NASA, in questo battono persino il Pianeta Rosso.

LA NASA VUOLE SCOPRIRE SE SU MARTE SIA MAI ESISTITA LA VITA

LA NASA VUOLE SCOPRIRE SE SU MARTE SIA MAI ESISTITA LA VITA

«Marte è un posto fantastico per cercare tracce di vita. Ma su Marte, per la maggior parte, stiamo cercando la vita di un remoto passato. Il rover Curiosity, domani, nel cratere Gale potrebbe vedere una stromatolite – una roccia con microbi fossilizzati- e sarebbe sorprendente, ma non saremmo in grado di estrarre il DNA o grandi molecole da quella roccia. Le grandi molecole della vita non sopravvivono per lunghi periodi nei campioni pietrificati. Non si fossilizzano bene, decadono rapidamente. Questo è il motivo per cui non abbiamo il DNA dei dinosauri, per esempio. Quindi, per quanto profonda potrebbe essere questa scoperta, ci lascerebbe molti interrogativi», ha detto Kevin Hand, spiegando il motivo per cui il primo, vero obiettivo degli astrobiologi dovrebbe essere Europa.

Il suo oceano potrebbe essersi formato all’inizio del sistema solare. «E questo è importante- dice- un oceano stabile che esiste da molto tempo potrebbe essere fondamentale sia per l’origine della vita che per la sopravvivenza a lungo termine di qualsiasi cosa viva lì dentro». Inoltre, sulla base dei dati raccolti finora, sarebbe un oceano globale con un fondale roccioso che potrebbe presentare varie aperture idrotermali dalle quali escono fluidi e gas essenziali per la vita microbiotica. E anche il guscio ghiacciato della luna di Giove conterrebbe composti utili a nutrire le forme di vita nell’acqua sottostante.

GIOVE OSSERVATO DALLA SUPERFICIE DELLA SUA LUNA GHIACCIATA, EUROPA

GIOVE OSSERVATO DALLA SUPERFICIE DELLA SUA LUNA GHIACCIATA, EUROPA

Al JPL, Hand sta lavorando su due distinti progetti per analizzare quegli oceani extraterrestri e che prima verranno messi alla prova nei nostri mari. Il primo è un robot che si concentra sull’interfaccia ghiaccio-acqua e ne studia la chimica e la biologia. Il secondo, è un piccolo sommergibile, chiamato Orfeo, che presto si immergerà nei punti più profondi e meno esplorati della Terra, ovvero nella Fossa delle Marianne, nella Fossa della Nuova Britannia e nella Fossa di Porto Rico. I due mezzi saranno piccoli, leggeri ed autonomi- praticamente dei mini-laboratori in grado di fare scienza in loco.

«Nessuna di queste tecnologie richiede una bacchetta magica, non dobbiamo infrangere le leggi della fisica o inventare qualcosa di folle per rendere possibili queste missioni. Ciò detto, sono comunque tecnicamente molto impegnative e complicate. In teoria, possiamo penetrare nel ghiaccio ed entrare in quegli oceani. Il limite fondamentale è portare avanti un programma dedicato che nei prossimi decenni può condurci fin là. Ma molto prima di entrare in un oceano al di fuori della Terra, dovremmo sviluppare e testare le nuove tecnologie nei nostri oceani. E l’aspetto fantastico è che ci guadagniamo tutti, mentre sviluppiamo gli strumenti per esplorare nello spazio potremmo fare delle importanti scoperte qui, sulla Terra».

SOTTO LA CROSTA GHIACCIATA, SI ESTENDE UNA VASTA QUANTITÀ DI ACQUA

SOTTO LA CROSTA GHIACCIATA DI EUROPA, SI ESTENDE UNA VASTA QUANTITÀ DI ACQUA

L’astrobiologo della NASA è consapevole che quelle ambiziose missioni potrebbero fallire perché presentano molti rischi- potrebbero non raggiungere il risultato scientifico sperato, potrebbero non riuscire a livello tecnologico, potrebbero comportare costi troppo elevati. Ma bisogna avere il coraggio di tentare lo stesso, soprattutto considerando l’obiettivo così essenziale- rispondere ad una delle domande più antiche dell’umanità: siamo soli, nello universo? «Penso che il valore di quella domanda meriti di prendere qualche rischio. Ma il lato positivo è che se avremo successo, potremo  trasformare le nostre cononoscenze sull’universo. Potremmo innescare una rivoluzione nella nostra comprensione della biologia».

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