Le “Luci di Phoenix” 17 anni dopo: intervista a Lynne Kitei

Immaginate la sorpresa. State fissando il cielo scuro della notte, per osservare un fenomeno naturale annunciato da tv e giornali- l’apparizione di una luminosa cometa- e vi trovate davanti ad un fenomeno inspiegabile che nessuno aveva previsto: una serie di globi brillanti sospesi nel cielo, per ore, disposti a formare un gigantesco boomerang, che ad un certo punto si mettono in movimento, passano sopra le vostre teste, mantenendo quella disposizione geometrica, fino a quando- uno ad uno- si dissolvono.

È quello che è accaduto 17 anni fa in Arizona. Furono almeno 10 mila le persone che rimasero sconcertate di fronte a quello spettacolo inatteso e straordinario, passato poi alla storia come “Le Luci di Phoenix”, perché proprio sulla capitale dello Stato americano e sui suoi sobborghi si manifestò in modo più evidente. Tra i tanti testimoni, c’era anche Lynne Kitei, medico e divulgatrice scientifica, autrice di libri sulla prevenzione destinati ai più giovani e spesso ospite in vari programmi tv come esperta di argomenti legati alla salute. Di certo, non una fanatica di Ufo, anzi, non se ne era mai interessata. Ma proprio la sua formazione professionale e mentale l’ha portata, inaspettatamente, ad indagare a fondo su quel fenomeno assurdo che aveva visto, fotografato, ripreso. E non solo quella notte.

“Come medico, come donna di scienza, come educatrice – da quasi 40 anni, su argomenti legati alla salute- non avevo nulla a che fare con esperienze del genere. Ho cercato di trovare una spiegazione logica, mettendo da parte la mia carriera per 7 anni, prendendo un meticoloso diario e annotando, ogni giorno, i resoconti pubblicati della stampa, le spiegazioni fornite dai militari, le notizie diffuse dal web su questo fenomeno e su quelli simili in tutto il mondo. Automaticamente, vedendo che le informazioni erano così confuse, avevo bisogno come medico di far capire alle altre persone che non erano sole, che non erano pazze”, mi ha spiegato la dottoressa quando l’ho incontrata a Philadelphia, dove era ospite di un convegno promosso dal Mufon, il Mutual UFO Network. Bionda, occhi blu magnetici e un sorriso contagioso: nonostante la corporatura minuta, è una donna di ferro e la sua tenacia nel tentare di arrivare fino in fondo alla questione ne è la prova.

La sua ricerca- precisa, puntuale, meticolosa- si è tradotta in un libro, giunto alla terza ristampa, The Phoenix Lights- A Skeptic’s Discovery that We are not Alone (“Le Luci di Phoenix: La scoperta di uno scettico che non siamo soli”) e poi in una docufiction, prodotta da The Phoenix Lights Network, vincitrice del primo premio in due festival cinematografici e finalista in molti altri. Cura un sito web (www.thephoenixlights.net) dove raccoglie informazioni, immagini, dati relativi all’evento. Insomma, se si vuole ricostruire cosa è accaduto quel 13 marzo 1997, per provare a capirne il significato, Lynne Kitei sembra la persona giusta.

“Il 13 marzo 1997 migliaia di residenti dell’Arizona che stavano osservando il cielo per vedere la cometa Hale-Bopp, notarono anche una formazione di luci disposte a V, larga circa un miglio o due. Le sfere luminose sembravano attaccate a qualcosa ed erano perfettamente equidistanti l’una dall’altra. Probabilmente si trattava di un mezzo volante che sorvolò lo Stato per molte, molte ore. Alcune persone guardando in alto videro queste luci fluttuanti sopra di loro, enormi; altri le videro invece passare sopra le loro teste, in silenzio, in perfetto silenzio; altri le videro partire e prendere velocità; altri ancora videro questi globi staccarsi dal mezzo volante, per muoversi nell’ambiente e poi poco dopo tornare indietro. Un’incredibile tecnologia, sicuramente. E oggi posso dire che quell’avvistamento di massa non è stato un singolo evento, sono stati molti eventi e diversi oggetti, in contemporanea, avvistati in Arizona, Nevada, California e pure New Mexico. È un fatto epocale per gli annali dell’Ufologia, ma anche per la storia dell’umanità. Ed è ancora inspiegabile 17 anni dopo.”

A rendere unica la testimonianza della dottoressa Kitei è un altro dettaglio importante: quello stesso fenomeno, che i cittadini dell’Arizona scoprirono all’improvviso in una notte di marzo, lei lo aveva osservato più volte, nei mesi precedenti. Dalla terrazza di casa, aveva visto apparire delle sfere color ambra, in numero vario, sempre immobili nell’aria, splendenti e misteriose: era successo già nel febbraio del 1995 e poi nel gennaio del ’97 ( e sarebbe successo poi ancora, negli anni seguenti). Con la macchina fotografica aveva scattato varie foto in 35mm, ma pur provando sconcerto per quelle immagini non le aveva mai mostrate a nessuno. Fino a quel giorno.

Ignara che questa volta il fenomeno fosse stato osservato da molte altre persone, la mattina del 14 marzo 1997 si fece coraggio e portò il suo materiale fotografico ad un rappresentante del Mufon a Phoenix, per avere un parere. Solo allora si rese conto della portata dell’avvistamento della sera prima e divenne, senza saperlo, la testimone chiave. La dottoressa Kitei raccontò la sua esperienza, consegnò foto e filmati per farli esaminare, incontrò vari ricercatori, ma per i primi tempi pretese l’anonimato. All’inizio, i mass Media parlarono di lei solo come “Doctor X” o come “Doctor Lynne”. Rimanere nell’ombra, lontana dai riflettori e dalle inevitabili polemiche, la ha aiutata a condurre la sua personale inchiesta senza condizionamenti e in piena libertà. Nel libro, l’autrice la racconta passo dopo passo, spiegando al lettore i progressi quotidiani dell’indagine, le contraddizioni, i dubbi, i depistaggi.

All’inizio furono solo le tv e i giornali locali ad interessarsi del fenomeno, parlando apertamente di Ufo e di visitatori spaziali, mentre da parte delle autorità ci fu un silenzio assordante. Nonostante i tentativi della consigliera comunale Frances Barwood, che provò a chiedere l’apertura di un’indagine ufficiale, gli unici a formulare ipotesi furono gli ufologi della zona, spesso in contrapposizione gli uni con gli altri. “Sì, per molti mesi, dopo l’avvistamento di massa, non ci furono investigazioni, non ci fu alcuna spiegazione. Era sconcertante, perchè – diceva la gente- quel fenomeno riguardava la pubblica sicurezza. Il 19 giugno, comparve un articolo in prima pagina su USA Today e il fatto acquisì una dimensione nazionale: fummo sommersi dai Media. I reporter che parlarono con i vari testimoni oculari, la cui descrizione era tanto dettagliata e sincera, si domandavano: ma perchè non c’è un’indagine? perchè non c’è una spiegazione? Così il giorno seguente, l’allora governatore della Arizona convocò una conferenza stampa, nel pomeriggio, annunciando che avrebbe rivelato il mistero delle Luci di Phoenix. Entrò con una persona al suo fianco, con indosso una grande testa da alieno, e si mise a scherzare. E offese davvero molte persone. Specialmente i genitori con i loro bambini, che avevano visto quello strano oggetto sopra di loro e pensavano: come fa a scherzare, non è stato un gioco…”

Quella scenetta, organizzata da Fyfe Symington III, è rimasta memorabile: lui, in giacca e cravatta, accanto ad un assistente mascherato da alieno Grigio, tra le risate dei giornalisti accorsi in conferenza stampa. Lo stesso governatore, però, una volta abbandonata la carriera politica, ha fatto pubblica ammissione: intervistato da giornali e tv- inclusa la CNN- nel 2007 ha chiesto scusa per quello sketch imperdonabile e ha raccontato un’ altra verità. “Anch’io sono stato testimone di quell’evento. Sono un pilota e conosco abbastanza i velivoli. Ma quello era più grande di qualunque cosa abbia mai visto e rimane un mistero. Era enorme ed inesplicabile. Era simmetrico, con un profilo geometrico, una forma costante. Chi lo sa da dove veniva?”. Insomma, dieci anni dopo, la spiegazione extraterrestre non gli appariva più così comica.

Lynne Kitei, intanto, procedeva nella sua personale indagine. Prendeva nota di tutto quello che veniva detto o scritto in materia, seguiva tutti i programmi che ne parlavano, teneva i contatti con gli ufologi con i quali aveva condiviso le sue esperienze e le sue immagini, cercava ulteriori informazioni da chi avrebbe dovuto o potuto saperne di più. Dai controllori di volo dell’aeroporto di Phoenix venne a sapere che neppure loro riuscivano a capire cosa avesse prodotto il fenomeno- osservato direttamente dalla torre di controllo, ma non sui radar- avvenuto nel gennaio e poi ripetutosi a marzo. Dalla base militare Luke seppe invece, senza ombra di dubbio, che i militari non c’entravano: nessun loro jet si era levato in volo quella notte. Ma a luglio, la sorpresa. La dottoressa ricevette la chiamata della portavoce della base che le diede l’esauriente spiegazione- almeno per Forze Armate- di quelle luci che avevano tanto allarmato e stupito l’opinione pubblica. Ecco il racconto di quel dialogo, con le parole di Lynne Kitei.

“Parlai al telefono con la responsabile delle pubbliche relazioni della Guardia Aerea Nazionale che mi disse:< Oh dottoressa Lynne, finalmente penso si sia capito cosa erano quelle luci di marzo>. Io ero eccitata all’idea che ci fosse una spiegazione logica. <Ci credi? – continuò il capitano – Nessuno aveva guardato il registro dei visitatori… Ebbene, l’Air National Guard del Maryland era in città e ha lanciato dei razzi di segnalazione nel corso dell’Operazione Snowbird”. Poi sono venuta a sapere che si trattava di manovre tattiche militari diversive. In ogni caso, mi disse che erano quei razzi le luci viste da tutte quelle persone. Allora le chiesi: ”Un attimo: quando è stato a Phoenix lo stormo del Maryland?” Mi rispose: “Dal primo marzo fino al 15”.  E io:< Ma si trovavano in città anche a gennaio?> Lei mi assicurò di no. <Bè- le dissi- io ho scattato svariate foto in 35 millimetri dello stesso esatto fenomeno, nella stessa esatta posizione, osservato fino al mattino seguente, in entrambi i casi, sia a gennaio sia a marzo.> Lei mi rispose: <No, tu non me lo hai mai detto!> Io andai avanti: <Vedi, tu sei stata addestrata a dire che si trattava di razzi di segnalazione, ma io mi sono già informata su quel tipo di luci militari, perché era la prima ipotesi logica. Ma quei razzi scendono a terra seguendo il vento, a zig zag, producono una scia di fumo luminoso e rischiarano essi stessi il terreno circostante perché proprio questo è il loro scopo. Invece, i testimoni hanno descritto quelle luci solide come rocce, immobili, disposte in modo equidistante le une dalle altre e in formazione a V per ore!>. Il capitano mi disse:<Scusa, ho un’altra telefonata in arrivo, ti richiamo io>. Be’, sto ancora aspettando!”, ride oggi Lynne.

Ma ormai la spiegazione dei razzi militari- la più ovvia, la più plausibile- stava prendendo piede. Da lì a poco, divenne l’unica possibile, anche grazie ad uno speciale di Discovery Channel. A parlare, questa volta, fu il portavoce della base del Maryland. Un esperto che analizzò alcuni video delle Luci di Phoenix ripresi quella notte corroborò la versione dell’aeronautica militare. Entrambi assicuravano che si trattava di banali razzi di segnalazione. Discorso chiuso, anche se un confronto tra le immagini del 13 marzo 1997- con le luci immobili, perfettamente ferme nell’aria a formare un arco in cielo- e quelle di 4 o 5 razzi militari esplosi a mezz’aria sembrava mostrare una palese differenza. Ma ormai c’era un perché ufficiale e rassicurante per le Luci di Phoenix, confermato da tante voci autorevoli: per l’opinione pubblica fu più che sufficiente. Non per Lynne, ovviamente. Lei non si è accontentata e la sua indagine è andata avanti, soprattutto dopo il fallimento di tutte le spiegazioni logiche e la delusione per quelle, secondo lei, contradditorie e poco convincenti confezionate ad uso della stampa. Da quel momento, da scettica quale era sempre stata, si è aperta a scenari inattesi. Senza mai perdere di vista, però, quello che dice la scienza.

“Noi assistiamo spesso a fenomeni del genere: la maggior parte delle volte possono essere spiegati, ma c’è una piccola percentuale che sfugge ad interpretazioni. Ma solo per il fatto che noi oggi non possediamo ancora una tecnologia sufficiente per capire fino in fondo di cosa si tratti, non significa che non siano reali. Noi abbiamo scoperto da poco che siamo circondati da miliardi di piccolissimi organismi: lo sappiamo ora perché abbiamo il microscopio. Ma sono sempre esistiti e sono esseri viventi.

È il momento di aprire la mente e di guardare alla realtà che ci circonda, di affrontarla e di studiarla. Esistono 100, 200 miliardi di altre galassie, ciascuna con le proprie stelle, i propri pianeti. La nostra galassia, la Via Lattea, ha soltanto 14 miliardi di anni: il nostro sistema solare è ancora più giovane, ha circa tra i 4 e i 6 miliardi di anni. Ma tutt’attorno, ci sono ovunque i mattoni per la vita: ossigeno, idrogeno, azoto, ferro, aminoacidi… Noi siamo letteralmente fatti di polvere di stelle! E ora alcuni scienziati postulano che possono esistere creature intelligenti non centinaia, non migliaia, ma miliardi di anni davanti a noi!

Poi la fisica quantistica oggi avanza teorie come quella delle Superstringhe o del Multiverso, contempla 10-11 dimensioni… C’è chi ipotizza l’esistenza di un altro tempo e di un altro spazio in contemporanea con quelli che sperimentiamo noi… Ma allora perché è così assurdo pensare- o sapere, come io so- che ci sono altre intelligenze in un altro spazio-tempo che possiamo osservare se soltanto ci apriamo ad esse?”, mi domanda. Io di risposte non ne ho, ma lei la sua l’ha già trovata: ”Io non so cosa sono, ma so che ci sono. Dobbiamo accettare questa realtà, solo così proseguiremo sulla strada della nostra evoluzione”.

I commenti sono chiusi.