Il Bigfoot esiste ed è pure un nostro parente. Lo dimostrerebbe un test genetico, effettuato da una società americana, la DNA Diagnostics, per iniziativa della sua fondatrice, la veterinaria texana Melba S. Ketchum, che ne ha reso noti i risultati diffondendo un comunicato stampa. Il testo è piuttosto sorprendente…
“Un team di scienziati, in cinque anni di studi, attualmente sotto verifica da parte di altri loro colleghi, ha potuto confermare l’esistenza di una nuova specie di ominide comunemente chiamato Bigfoot o Sasquatch, che vive nel Nord America”, recita il comunicato. “Le ampie sequenze del Dna approfondite dai ricercatori suggeriscono che la leggendaria creatura sia affine agli esseri umani e sia apparsa circa 15mila anni fa.”
La Ketchum avrebbe ottenuto tre interi genomi provenienti da campioni attribuiti allo mitico essere che abiterebbe le foreste inesplorate di mezzo mondo. La sequenza genetica mostrerebbe che il Dna mitocondriale– quello che si eredita per linea materna- è identico a quello del moderno Homo Sapiens (quindi a tutti noi), mentre il Dna nucleare, insito nel nucleo di ogni cellula, appartiene ad un tipo di ominide finora sconosciuto anche se affine ai primati.
L’ipotesi della ricercatrice è dunque che, migliaia di anni fa, gli antenati del Bigfoot si siano incrociati sessualmente con donne, dando origine all’attuale genia di creature selvatiche coperte di pelo, in grado però di camminare erette. Un ibrido, insomma, letteralmente metà scimmia e metà uomo.
L’affermazione è molto forte, ma ha sollevato grande scetticismo. Primo perchè la ricerca della dottoressa Ketchum non è stata pubblicata da alcuna rivista scientifica, nè sembra in procinto di essere pubblicata. Se si trattasse davvero di uno studio serio e comprovato – dicono i critici- qualsiasi giornale farebbe i salti mortali pur di accapparrarselo. Ma così, finora, non è stato.
Non solo. La veterinaria non ha specificato quali siano i campioni utilizzati per effettuare l’esame genetico, nè di quale natura ( sangue, peli, cellule epiteliali, unghie…) e non ha intenzione di mostrarli in pubblico: ha infatti rifiutato di far vedere le prove in suo possesso. E finora, tutte quelle vantate da altri ricercatori (dagli scalpi di Yeti fino ad interi cadaveri) si sono rivelate assolutamente prive di fondamento, se non vere e proprie truffe.
Dal momento che la dottoressa Ketchum non ha rilasciato informazioni in merito ai suoi campioni e non ha permesso ad altri esperti di analizzarli, è praticamente impossibile stabilire se siano autentici e dunque se le conclusioni del suo studio siano valide. Tutta questa vaghezza, ovviamente, solleva molti dubbi. Agli scienziati non resta che valutare il punto centrale del suo studio, ovvero la perfetta coincidenza del Dna mitocondriale del presunto Bigfoot con quello umano.
Non ci sono che due opzioni: o, come dice la ricercatrice texana, gli antenati di questa creatura si sono riprodotti con femmine umane 15mila anni fa, dando vita ad un incrocio che si è diffuso nelle aree più impervie ed isolate del Nord America, oppure- spiegazione di gran lunga preferita dagli altri studiosi- c’è stata una contaminazione.
L’originale campione, a qualunque essere vivente appartenesse, potrebbe essere stato alterato – anche involontariamente- da chi l’ha raccolto o maneggiato, con il proprio Dna umano. Basterebbe un po’ di saliva- uno starnuto, un colpo di tosse. Ma la Ketchum sostiene anche che il DNA nucleare non sia di un Homo Sapiens (o di un gorilla o di una scimmia…), ma di una specie ignota. Come giustificarlo?
Il neurologo di Yale Steven Novella è categorico:”Il punto è questo: Dna umano più alcune anomalie oppure tratti sconosciuti non significa un impossibile ibrido uomo-scimmia, ma semplicemente Dna umano più alcune anomalie.” La ricercatrice, poi, non ha dalla sua una grande credibilità: la Dna Diagnostics ha già ricevuto decine di contestazioni da parte dei clienti ed ha ottenuto il voto più basso, in una scala di giudizio che va da A ad F, nella valutazione del Better Business Bureau.
Dunque, l’impressione è che si tratti di una bufala colossale, costruita sul nulla, senza vere prove e con tanta immaginazione- e se è così lo sapremo presto. Ma le novità, in questo settore della Criptozoologia tanto affascinante, potrebbero essere dietro l’angolo. È ancora in corso, infatti, la ricerca del genetista britannico Bryan Sykes, che ha chiesto a tutti – enti pubblici e organizzazioni private- di inviargli i campioni presumibilmente attribuibili all’Uomo-scimmia per procedere ad analisi.
In questo caso, quando gli esami comparativi saranno terminati, senza dubbio il professor Sykes, che gode di fama internazionale e sta lavorando in collaborazione con l’Università di Losanna, pubblicherà lo studio su una rivista scientifica. Non resta che attendere. Nel frattempo, però, la Ketchum si porta avanti.
È così convinta di aver trovato la risposta definitiva al mistero del Bigfoot, che si è appellata al Governo degli Stati Uniti affinchè riconosca immediatamente gli esemplari come “popolazione indigena, da proteggere, alla quale estendere i diritti costituzionali contro coloro che vedono nelle loro differenze fisiche e culturali un alibi per cacciarli, intrappolarli od ucciderli.” Anche se, ufficialmente, neanche uno di loro è mai stato catturato e neppure vi è certezza che davvero esistano.
SABRINA PIERAGOSTINI
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