Sempre più fitto il mistero di KIC 8462852

 Il mistero si infittisce. Non solo non c’è ancora una risposta al comportamento anomalo della stella KIC 8462852  (ora soprannominata “Tabby’s Star”, dal nome della sua scopritrice, la dottoressa Tabetha Boyajian) che lo scorso autunno ha fatto discutere scienziati e ricercatori alternativi, ma ora emerge che oltre un secolo fa già presentava le stesse bizzarre caratteristiche. E gli astronomi non sanno più cosa pensare.

KIC 8462852  SI TROVA NELLA COSTELLAZIONE DEL CIGNO

KIC 8462852 SI TROVA NELLA COSTELLAZIONE DEL CIGNO

Facciamo un passo indietro, al settembre 2015, quando su ArXiv è stata pubblicata la ricerca condotta da un team di studiosi guidati dalla Boyajian su questo astro della Costellazione del Cigno, invisibile ad occhio nudo, ma ben noto a Kepler, il “cacciatore di pianeti” della NASA. Ogni volta che il telescopio spaziale registra un calo temporaneo nella luminosità di una stella, è possibile ipotizzare il passaggio di un pianeta in orbita attorno ad essa. Ma al massimo un mondo alieno può bloccare l’1% della luce del suo sole. Nel caso di KIC 8462852 , invece, il calo è del 20%. Cosa la oscura?

L’articolo scientifico prendeva in esame varie spiegazioni convenzionali, scartandole una dopo l’altra. Alla fine,  restava in piedi l’ipotesi della presenza di un’enorme nube di polvere prodotta da un grande sciame cometario. L’unica plausibile,  ma non del tutto convincente neppure per gli autori. Tanto che la stessa ricercatrice di Yale invitava gli altri scienziati a proporre ipotesi alternative.

Detto, fatto. Qualche settimana dopo, il collega della Penn State University Jason Wright ha proposto un’idea apparentemente folle, ma assolutamente scientifica. Ovvero, ad intercettare la luce di Tabby’s Star potrebbe essere una mega struttura artificiale, costruita da una civiltà super evoluta, proprio per imbrigliare e sfruttare tutta l’energia del proprio sole. Una sorta di “Sfera di Dyson”, dunque, teorizzata nel 1959 dall’astronomo britannico Freeman Dyson.

UN'IPOTETICA "SFERA DI DYSON"

UN’IPOTETICA “SFERA DI DYSON”

Così, KIC 8462852  è subito balzata sulle prime pagine dei giornali e se ne è parlato anche in tv. Da materia di studio per pochi specialisti, è diventata argomento di dibattito generale, grazie al fascino di quella ipotesi aliena che ha fatto sognare molti. Anche la Boyajian l’ha ritenuta interessante e meritevole di un approfondimento. “Dobbiamo guardare da ogni angolazione possibile, anche da questa, per quanto pazza possa sembrare”, ha detto. E anche l’astronomo Phil Plait ha ammesso: ”Per quanto sia incredibile, collima con quanto stiamo osservando.”

Così è partita la ricerca di segnali intelligenti provenienti da quella stella lontana 1400 anni luce. Il SETI ha subito puntato nella sua direzione  l’Allen Telescope Array, per scovare sia emissioni radio non naturali nella banda a onde corte sia trasmissioni che potrebbero essere prodotte da potenti astronavi. L’osservatorio ottico Boquete di Panama è stato invece utilizzato per individuare impulsi laser. Risultato: nessuno. Per ora, da lassù, tutto tace.

Ma se la pista aliena non trova conferme, perde quota anche l’ipotesi dello sciame cometario. Come ha riportato il sito Space.com, Bradley Schaefer, astronomo dell’Università statale della Louisiana, ha scoperto infatti che la stella presenta la medesima anomalia da almeno cento anni a questa parte e che, anzi, nel corso dell’ultimo secolo il calo di luminosità è andato progressivamente aumentando.  Lo ha capito esaminando delle vecchie lastre fotografiche conservate all’Harvard College Observatory.

L'ALLEN TELESCOPE ARRAY DEL SETI

L’ALLEN TELESCOPE ARRAY DEL SETI

KIC 8462852, infatti, è stata fotografata ben 1200 volte nell’arco di tempo compreso tra il 1890 e il 1989, nell’ambito di un progetto di mappatura stellare. I dati raccolti in oltre un secolo di osservazione provano che la Stella di Tabby si comporta stranamente da vari punti di vista: appare tremolante in una scala di tempo breve- come mostrano le informazioni di Kepler- e va calando di luminosità con il passare degli anni– come mostrano invece le informazioni di Harvard.

La scienza cerca sempre la spiegazione più semplice, ritenendola anche la più logica, come sostiene il principio del Rasoio di Occam. Anche questo caso non fa eccezione. Dunque, i ricercatori- a partire dalla Boyajian- sono convinti che entrambi i comportamenti bizzarri siano provocati dallo stesso fenomeno. E lo sciame cometario non sembra quello giusto. Ipotizzare il costante passaggio di comete di fronte alla stella per un secolo intero sembra assai improbabile.

“Servirebbe una massa maggiore di quella che troviamo nell’intera Fascia di Kuiper”, ha spiegato a Science.com Massimo Marengo, professore associato di astronomia all’Università statale dell’ Iowa, uno dei più convinti assertori, fino ad oggi, di questa spiegazione naturale. “Potremmo supporre che è la stessa famiglia di comete a passare davanti a KIC 8462852 continuamente, ma per spiegare il trend nel calo di intensità luminosa, dovremmo pensare che questa famiglia cometaria diventi sempre più grande ogni volta che passa. Ed è molto difficile.”

Al contrario, il progressivo aumento della percentuale di luce bloccata si giustificherebbe meglio con l’ipotesi della megastruttura aliena: man mano che la costruzione procede e che la Sfera di Dyson diventa più grande, la luminosità si affievolisce. Ma- avverte Plait- gli ingegneri extraterrestri avrebbero dovuto posizionare almeno 750 miliardi di chilometri quadrati di pannelli solari per “catturare” il 20 per cento della luce del loro sole. Vale a dire 1500 volte la superficie della Terra. Mica bruscolini…

LA "STELLA DI TABBY" RIPRESA DAL TELESCOPIO KEPLER

LA “STELLA DI TABBY” RIPRESA DAL TELESCOPIO KEPLER

Per questo, per ora, siamo ben lontani dall’ aver trovato una spiegazione esauriente, completa e verificabile del bizzarro comportamento della Stella di Tabby. La ricerca prosegue con ogni strumento a disposizione. Gli scienziati sperano che le future osservazioni permetteranno loro di svelare l’arcano. “La natura ci può aiutare riproducendo un altro evento simile, ma non sempre siamo fortunati”, chiosa però  il professor Marengo.

SABRINA PIERAGOSTINI

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