Come comunicare che non siamo soli nell’Universo?

Prima o poi potrebbe accadere, forse tra 100 o tra 1000 anni, chi lo sa. Ma prima o poi- dicono ora anche gli scienziati- potremmo sapere di non essere gli unici inquilini di questo mega-condominio chiamato Via Lattea. Come dovranno comportarsi, allora,  gli autori di questa scoperta epocale, quando appureranno che esiste vita intelligente extraterrestre? Come comunicare la notizia più sconvolgente della nostra Storia al resto dell’umanità? Sembrerà strano, eppure è proprio questa la domanda che si sono posti due astronomi scozzesi dell’Università di St. Andrews.

IL SETI RESTA IN ASCOLTO PER CAPTARE SEGNALI EXTRATERRESTRI

IL SETI RESTA IN ASCOLTO PER CAPTARE SEGNALI EXTRATERRESTRI

Lo studio condotto da Duncan Forgan e Alexander Scholz è stato accettato per la pubblicazione da Acta Astronautica. I due hanno preso in esame i protocolli già in atto (redatti nel 1989 e rivisti nel 2010) e hanno suggerito quali comportamenti si dovrebbero adottare nel fronteggiare l’assalto dei nuovi Media, una volta che notizia fosse confermata. Punto di partenza del loro articolo, infatti, è proprio quanto sia cambiato in pochi anni il mondo dell’informazione grazie ad Internet. Blog, siti online e social network hanno frammentato e moltiplicato i canali di diffusione delle notizie. E gli astronomi devono conoscerli, per gestirli.

”La preoccupazione fondamentale dei ricercatori che lavorano al SETI è la reazione del mondo quando saprà che gli esseri umani non sono l’unica civiltà tecnologica dell’Universo”, scrivono, citando le scene di panico e i suicidi che tali annunci fatti per scherzo hanno provocato nel secolo scorso. Basti pensare alla “Guerra dei Mondi” recitata per radio da Orson Welles nel 1938 e scambiata per una reale invasione aliena da migliaia di americani. Ma anche se oggi il pubblico è sicuramente più smaliziato e meno impressionabile, rimarrà comunque sbigottito e confuso dalla notizia che esistono altre creature intelligenti.

Lo scoop passerà di bocca in bocca ed è facile ipotizzare che questo “shock culturale” porterà gli astronomi in una sorta di “frullatore mediatico” al quale non sono preparati. “I moderni ricercatori devono considerare il nuovo paradigma di consumo delle notizie da parte del pubblico tramite social media e punti vendita non tradizionali durante la pianificazione e la ricerca di intelligenze extraterrestri (…).Tali protocolli sono necessari perché ci sia una corretta e sana informazione tra i cittadini di tutto il mondo”, dicono nella sintesi di presentazione del loro studio.

LO STRANO SEGNALE, MAI CHIARITO, CAPTATO NEL 1977 E DEFINITO "WOW SIGNAL"

LO STRANO SEGNALE, MAI CHIARITO, CAPTATO NEL 1977 E DEFINITO “WOW SIGNAL”

Ovviamente, dato il tipo di attenzione e di interesse a livello globale sulla tematica, possiamo scommettere che il minimo segnale individuato da un punto qualsiasi dell’universo pur vagamente attribuibile ad una sorgente anomala campeggerà a titoli cubitali sulle prime pagine dei giornali, stampati e online. Anzi, come ha detto a IFLScience uno dei ricercatori più noti dell’istituto SETI, Seth Shostak, “se trovassimo un segnale che sembra appena un po’ interessante, di sicuro finirebbe subito sul blog di qualcuno o su Twitter”.

Gli autori dell’articolo condividono. Forgan e Scholz infatti non credono che i governi interverranno per insabbiare l’informazione e tenerla segreta, come ritengono tutti i teorici del complotto. Uscirà subito, ma invitano gli studiosi a seguire tutti i protocolli previsti dalla scienza: ovvero le scoperte preliminari vanno rese note al pubblico, ma senza ingigantirle nè esagerare le aspettative. Poi seguiranno altri studi per verificare- o smentire- la notizia.

Tuttavia, a volte, tra il primo annuncio e l’effettiva definizione del fenomeno può passere parecchio tempo. Vedi il famoso caso del “segnale wow” captato nel 1977 e del quale ancora oggi non c’è un’univoca spiegazione, anche se di recente gli astronomi hanno attribuito quel rumore spaziale senza precedenti al passaggio di due comete. Ma l’importante- affermano i due ricercatori scozzesi- è essere chiari nella comunicazione con il pubblico e se la scoperta non è certa o non confermata, bisogna dirlo in questi termini, senza fraintendimenti.

SIAMO PRONTI AD UN EVENTUALE CONTATTO CON INTELLIGENZE ALIENE?

SIAMO PRONTI AD UN EVENTUALE CONTATTO CON INTELLIGENZE ALIENE?

E nel caso in cui la notizia del millennio fosse invece confermata? Bè, in quel caso i ricercatori del SETI dovranno dedicare tutto il loro tempo alla divulgazione e alla comunicazione, con tutti i canali disponibili, impegnandosi sul maggior numero di piattaforme social possibili per arrivare ovunque- un ruolo che potrebbero assumere per il resto della loro vita. Di certo diventerebbero famosi, ma dovranno essere pronti anche agli attacchi informatici, alla disinformazione, alle critiche personali che tale notorietà comporterà. Perché, nonostante i sondaggi sostengano che più della metà della popolazione in Germania o negli Stati Uniti crede nell’esistenza degli Alieni, ciò non vuol dire che l’Umanità sia davvero pronta al contatto. Contatto che forse avverrà tra 100 o 1000 anni, chi lo sa, ma meglio pensarci in tempo…

SABRINA PIERAGOSTINI

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