Lo scorpione di Venere e i microbi marziani

Qualche microbo su Marte? Non si può escludere. Organismi monocellulari su Europa? Forse… Anche in assenza di prove, molti scienziati potrebbero arrivare ad ipotizzare la presenza di forme di vita elementari su altri pianeti e lune del sistema solare. Ma di certo non su Venere. Lì, no: è una fornace dall’aria velenosa e dall’effetto-serra micidiale. Nessun ricercatore oserebbe immaginare che in quelle condizioni terribili possa svilupparsi la vita. Ad eccezione del professor Leonid Ksanfomaliti.

IL PIANETA VENERE

IL PIANETA VENERE

Membro dell’Accademia delle Scienze di Mosca, come capo del Laboratorio di Fotometria e Radiometria dell’Istituto di ricerca spaziale russa ha esaminato le fotografie scattate all’inizio degli anni ’80 dalla sonda Venera-13, inviata dall’allora URSS su Venere. Il lander che si staccò per atterrare sulla superficie del pianeta funzionò solo per 121 minuti, ma fece in tempo a registrare la temperatura (ben 457 gradi centigradi) e la pressione ( 84 atmosfere), a prelevare ed esaminare un campione di terreno e a scattare una serie di immagini panoramiche. I dati, grazie alla sonda madre rimasta in orbita, vennero poi spediti sulla Terra.

Quelle foto mostrano uno scenario desolato– terra brulla, sassi e un cielo giallo. Ma a distanza di anni, sono state riprese in esame dal team del professor Ksanfomaliti. Utilizzando nuove tecniche per migliorarne la definizione e arricchirle di dettagli, i ricercatori russi avrebbero fatto una scoperta sconcertante: avrebbero infatti trovato più oggetti che compaiono e scompaiono da una foto all’altra, nel giro di qualche minuto. Da qui, l’ipotesi che si tratti di esseri animati.

Proprio questo sosteneva l’articolo pubblicato nel 2011 sulla rivista scientifica “Ricerca sul sistema solare”, nel quale lo scienziato parlava in particolare di un oggetto dall’aspetto semicircolare (una sorta di mezzo disco somigliante ad un granchio) e di un’altra sagoma allungata descritta come uno scorpione. Entrambi sembravano cambiare posizione nei diversi scatti. “Suggeriamo con coraggio che le caratteristiche morfologiche degli oggetti ci permettono di affermare che sono esseri viventi”, scriveva il professore.

UN COLLAGE DI SCATTI RIPRESI SULLA SUPERFICIE DI VENERE

UN COLLAGE DI SCATTI RIPRESI SULLA SUPERFICIE DI VENERE

Lo studio, ripreso dal giornale Ria Novosti, è poi rimbalzato su altre riviste e sul web, ottenendo una vasta eco. Ovviamente, l’idea che sulla superficie di Venere si possano muovere animaletti vari è stata stroncata come un’emerita sciocchezza. I primi a dimostrare quanto grossolano fosse stato l’errore di valutazione del ricercatore russo sono stati i suoi colleghi americani. Come Jonathon Hill (Università dell’Arizona), tra i progettisti delle missioni NASA su Marte, che ha smontato le affermazioni di Ksanfomaliti.

Il mezzo disco-ha spiegato- è solo una componente meccanica del lander, non una creatura venusiana. Anche perché il medesimo oggetto appare in una foto ripresa dal lander gemello sganciato da Venera-14. “Se questi oggetti fossero già sulla superficie di Venere, che possibilità ci sarebbero che Venera 13 e Venera 14, atterrate a 1000 chilometri di distanza, potessero trovarsi a pochi passi da quei due singoli oggetti e che questi fossero nella medesima posizione rispetto alla sonda? Sembra più credibile che si tratti di un pezzo del lander progettato per spaccarsi durante il dispiegamento di uno degli strumenti scientifici.”

IL MEZZO DISCO VICINO A VENERA 13

IL MEZZO DISCO VICINO A VENERA 13

Nessuna speranza neanche per il supposto scorpione. Ted Stryk, un photo editor che ha riprocessato e bilanciato molte immagini dei programmi spaziali della NASA e di Mosca, lo ha spiegato come una semplice macchia. “Le strutture che Ksanfomaliti mostra non sono altro che disturbi dell’immagine processata, al massimo, in alcune versioni particolarmente di brutta qualità. Non ci sono nei dati orginali”. Insomma, una bocciatura senza appello.

Ciononostante, il ricercatore russo non si è smosso di un millimetro ed è sempre convinto che quanto individuato dal suo laboratorio sia degno di attenzione. Lo ha spiegato durante la conferenza sulla vita extraterrestre organizzata a Sofia dall’Accademia bulgara delle Scienze, lo scorso novembre, alla quale hanno preso parte anche relatori italiani -Vladimiro Bibolotti e Roberto Pinotti per il CUN, Alberto Negri per l’Associazione Spazio Tesla. Proprio chiacchierando con Negri, Leonid Ksanfomaliti ha ribadito le sue scoperte.

“Fino ad ora abbiamo individuato 11 o 12 oggetti nelle vicinanze della sonda che copre una superficie di circa 30 metri da ogni lato perchè ci sono 2 telecamere. La risoluzione non è molto alta,  le cose più vicine che abbiamo potuto vedere sono forse di 2 millimetri”, ha detto in un’intervista registrata su un cellulare. ”Tuttavia, grazie al numero di panorami disponibili, abbiamo potuto sovrapporli e così sono apparsi molti più dettagli.

LA SAGOMA INTERPRETATA COME UNO SCORPIONE

LA SAGOMA INTERPRETATA COME UNO SCORPIONE

Questo stesso sistema approntato nei nostri laboratori è stato utilizzato anche per analizzare le immagini di Mercurio, che dalla Terra appare come un corpo sfocato simile alla Luna…Ma le immagini elettroniche mostravano numerosi dettagli in più. Quando la sonda Messanger è stata inviata nella sua orbita, si sono visti quegli stessi dettagli, così abbiamo avuto la conferma che il nostro metodo funziona”. Per quanto riguarda Venere, la tecnica di analisi fotografica avrebbe mostrato- assicura il professore- elementi singolari.

“Abbiamo individuato una struttura, confrontabile con una creatura terrestre… Possiamo definirlo, con molta cautela, una specie di scorpione. È lungo circa 20 centimetri ed è apparso 8 minuti dopo l’inizio dell’attività della sonda, quando aveva spedito un’altra immagine panoramica sulla Terra. Abbiamo cercato di capire cosa potesse essere. E abbiamo poi trovato molte altre immagini strane… Alcuni di questi oggetti sembrano delle lucertole”.

DUE PANORAMI ACCOSTATI: L'OGGETTO BIANCO COMPARE IN QUELLO A DESTRA

DUE PANORAMI ACCOSTATI: L’OGGETTO BIANCO COMPARE IN QUELLO A DESTRA

Ksanfomaliti respinge al mittente le critiche degli altri  scienziati e le archivia come semplice  invidia tra colleghi. Queste le sue parole: “Non appena abbiamo pubblicato i nostri risultati su queste ipotetiche forme di vita su Venere, abbiamo visto una reazione molto strana da parte degli esperti soprattutto negli Stati Uniti. Sono state inviate molte sonde su Marte: noi siamo molto orgogliosi dei loro risultati e ne siamo molto interessati, ora al lavoro c’è la sonda Exomars e all’interno ci sono anche due strumentazioni prodotte in Russia. Ma quello che ho visto da parte dell’America sembra proprio gelosia… <Ma come, che assurdità…La vita su Venere è impossibile!> Come se pensassero: <Noi abbiamo speso miliardi per Marte e ora ci sono persone in Russia che senza spendere altro denaro concludono che c’è vita su Venere?>”, conclude polemico.

MARTE POTEVA OSPITARE LA VITA?

MARTE POTEVA OSPITARE LA VITA?

Ma le convinzioni dei Russi lasciano indifferente il resto del mondo scientifico, per il quale su Venere non ci sono le condizioni per la vita, né ora né mai. Invece, per Marte è tutta un’altra cosa. Una recente ricerca basata sui dati raccolti da Curiosity sembra confermare che il Pianeta Rosso sia stato un ambiente adatto alla vita – come la conosciamo noi- per lunghi periodi in un lontano passato, centinaia di milioni di anni fa, e lascia aperta la possibilità che lo sia tuttora.

La zona del cratere Gale– dove è atterrato nel 2012 il rover della NASA- mostra di aver subìto forti cambiamenti nel corso della storia di Marte, ma mai in un modo tale da aver impedito alla vita di formarsi o di sopravvivere. Questa almeno è la conclusione alla quale è giunto il geologo John Grotzinger, dell’Istituto di Tecnologia di Pasadena, in California. Lo ha detto davanti al pubblico del meeting dell’America Geophysical Union nei giorni scorsi.

IL CRATERE GALE UN TEMPO ERA UN LAGO

IL CRATERE GALE UN TEMPO ERA UN LAGO

“Per tutta la sua storia, Marte sembra essere stato adatto alla vita”, sostiene il geologo. In particolare, trivellando il suolo, Curiosity ha stabilito che un tempo quel cratere marziano ospitava un lago, inizialmente formato da acqua a ph neutro che nel corso del tempo sarebbe diventata prima un po’ più acida e dopo salata. Ad un certo punto, il lago si sarebbe prosciugato per poi riempirsi ancora e- alla fine – sparire. Ma secondo Grotzinger, nonostante tutti questi cambiamenti, l’area sarebbe rimasta ospitale per la vita microbiotica che avrebbe potuto resistere anche nelle fasi di siccità estrema. “Credo che sia una scoperta tremendamente eccitante…”

SABRINA PIERAGOSTINI

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