Anche le comete possono minacciare la Terra

Sono potenziali minacce di cui, fino ad oggi, abbiamo saputo molto poco. Ora, uno studio approfondito sulle “comete di lungo periodo”- quelle cioè che impiegano dai 200 anni in su per compiere una rivoluzione attorno al Sole- fa luce su questi corpi ghiacciati che provengono dalla Nube di Oort, il serbatoio delle comete che si estende al di là della Fascia di Kuiper, alla periferia del sistema solare. E si è scoperto che sono tantissime, molte più del previsto.

ISON ERA UNA COMETA DI LUNGO PERIODO

ISON ERA UNA COMETA DI LUNGO PERIODO

Visto che passano la maggior parte del tempo lontani dalla nostra stella, questi viandanti dello spazio non sono facile da avvistare. I ricercatori hanno utilizzato il WISE (sigla che sta per Wide-field Infrared Survey Explorer), ovvero il telescopio agli infrarossi della NASA, per osservare questi enormi e oscuri blocchi congelati in movimento nel cosmo. A condurre l’analisi, il team guidato dall’astronomo dell’Università del Maryland James Bauer. Secondo gli ultimi calcoli, le comete di lungo periodo con almeno un chilometro di diametro sono sette volte più numerose di quanto ipotizzato in passato.

Inoltre, nell’articolo pubblicato sulla rivista specializzata The Astronomical Journal,  i ricercatori affermano che queste comete sono mediamente il doppio, per dimensione, rispetto a quelle della famiglia gioviana, le cui orbite sono condizionate dalla gravità del pianeta gassoso gigante e hanno un periodo inferiore ai 20 anni. “Il numero delle comete dipende dalla quantità di materiale avanzato dopo la formazione del sistema solare e ora sappiamo che ci sono più frammenti relativamente grandi di materiale antico proveniente dalla Nube di Oort di quanto pensassimo”, ha detto Bauer.

IL TELESCOPIO SPAZIALE AGLI INFRAROSSI WISE

IL TELESCOPIO SPAZIALE AGLI INFRAROSSI WISE

Grazie al telescopio WISE,  gli astronomi hanno potuto calcolare la grandezza del nucleo- il cuore ghiacciato- di 164 corpi cometari, suddivisi tra 95 comete gioviane e 56 di lungo periodo. Le prime sono risultate più piccole, perché il calore del Sole fa sublimare le sostanze volatili come l’acqua e consuma progressivamente il materiale di superficie. Ma il risultato più importante e preoccupante è quello relativo al numero decisamente superiore al previsto delle comete di lungo periodo- il che suggerisce, dicono gli autori dello studio, che molte di loro potrebbero colpire i pianeti del sistema solare.

Un pericolo da non sottovalutare, perché questi enormi blocchi di ghiaccio in giro per lo spazio sono ancora più veloci e più grossi degli asteroidi, da tempo monitorati dagli astronomi per il potenziale rischio che costituiscono anche per la Terra, e appaiono spesso a gruppi, come se fossero frammenti di corpi cometari più consistenti che si sono spaccati in più parti. In caso di impatto, colpirebbero contemporaneamente punti diversi del nostro pianeta. A quanto pare, esattamente quello che è avvenuto in un tempo neanche troppo lontano, circa 13 mila anni fa.

IL SITO DI GöBEKLI TEPE RISALIREBBE A CIRCA 12 MILA ANNI FA

IL SITO DI GöBEKLI TEPE RISALIREBBE A CIRCA 12 MILA ANNI FA

Verso il 10.950 a.C., alla fine del Pleistocene, uno sciame cometario avrebbe causato una catastrofe globale di dimensioni apocalittiche, provocando lo spostamento dell’asse terrestre e l’estinzione di varie specie animali (come i mammut), decimando la popolazione umana e dando origine ad una mini-era glaciale, nota come Dryas recente. Lo proverebbero le tracce individuate nel ghiaccio della Groenlandia e in Nord America: nello strato geologico relativo all’11/10 mila a.C. è stata trovata una quantità insolita di iridio, un metallo che arriva direttamente dallo spazio.

Un’ulteriore conferma di questa teoria (va detto, non del tutto condivisa dal mondo scientifico) arriverebbe da un manufatto umano risalente a 12 mila anni fa che sembra la testimonianza- quasi in presa diretta- di questo cataclisma, ovvero un bassorilievo rinvenuto nel sito archeologico turco di Göbekli Tepe, considerato il più antico tempio al mondo se non addirittura un osservatorio astronomico. A sostenerlo, qualche mese fa, è stato un gruppo di ricerca dell’ Università di Edimburgo che ha preso in esame la cosiddetta “Stele dell’Avvoltoio” e ne ha spiegato il significato in un articolo pubblicato su Mediterranean Archeology.

Secondo questo studio, i bassorilievi che raffigurano diversi animali rappresentano in realtà una serie di costellazioni. Utilizzando un apposito programma per computer, è stato possibile stabilire l’anno in cui quelle stelle apparivano in quella posizione in cielo, ovvero proprio il 10.950 a.C. Altre incisioni mostrerebbero  la caduta delle comete e la strage seguente- simbolicamente resa dall’ immagine di un uomo senza testa. Insomma, la stele racconterebbe per disegni la storia di un evento apocalittico rimasta nella memoria dei nostri antenati e affidata ai posteri come un terribile “memento”.

LA COSIDDETTA STELE DELL'AVVOLTOIO

LA COSIDDETTA STELE DELL’AVVOLTOIO

La ricerca dell’Università scozzese dà credibilità a quanto sostenuto, da tempo, da vari ricercatori alternativi e da famosi scrittori (come l’autore di best-seller Graham Hancock), convinti dell’esistenza di una civiltà umana molto progredita spazzata via da un disastro di dimensioni colossali il cui ricordo è conservato nelle leggende diffuse in tutto il mondo che parlano di una distruzione provocata dal fuoco disceso dal cielo (le comete) o dal diluvio (effetto dei drastici mutamenti climatici legati all’impatto). Miti diversi, ma uniti dal medesimo obiettivo: tramandare nei millenni una verità fino ad oggi negata e respinta dalla storiografia ufficiale.

SABRINA PIERAGOSTINI

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