Gli Alieni di Darwin

Non sappiamo se ci sono e neppure se saremo mai in grado di trovarle. Non solo: le forme di vita extraterrestre potrebbero avere caratteristiche così lontane dalle nostre da non essere riconoscibili. Questo è il pensiero dominante degli astrobiologi, impegnati da anni nel tracciare l’identikit del pianeta ideale sul quale è probabile che si sia sviluppata la vita: nei miliardi di mondi possibili, possono esistere miliardi di creature così stravaganti o insolite da non sembrare nemmeno esseri viventi. Ma uno studio recente sostiene l’esatto contrario.

COME POTREBBERO ESSERE LE FORME DI VITA SU ALTRI PIANETI?

COME POTREBBERO ESSERE LE FORME DI VITA SU ALTRI PIANETI?

L’articolo appena pubblicato sulla rivista scientifica International Journal of Astrobiology è stato scritto da quattro ricercatori dell’Università di Oxford e si intitola “Darwin’s Aliens” (“Gli Alieni di Darwin”) perché fondamentalmente riconosce che il principio della selezione naturale che ha guidato l’evoluzione sulla Terra possa valere anche su altri pianeti abitabili. In questo caso, la vita come effetto della selezione naturale dovrebbe condividere caratteristiche comuni, in tutto l’universo, indipendentemente dal fatto che sia basata sul carbonio o sul silicio e da come il DNA codifichi le informazioni.

“Fare previsioni riguardo gli Alieni non è un compito facile. Per la maggior parte, i lavori precedenti si sono focalizzati nell’estrapolare dati da osservazioni empiriche e conoscenze meccanicistiche di fisica, chimica e biologia”, si legge nell’abstract dell’articolo. “Qui noi mostriamo come la teoria dell’evoluzione potrebbe essere usata per fare previsioni sugli Alieni. Noi supponiamo che essi siano sottoposti alla selezione naturale- un elemento che non va dato per scontato, ma che poggia su valide basi  teoriche. Stabilito che gli Alieni sono sottoposti alla selezione naturale, possiamo dire qualcosa della loro evoluzione. In particolare, riguardo a come la complessità si afferma nello spazio.

IL PADRE DELLA TEORIA EVOLUZIONISTA, CHARLES DARWIN

IL PADRE DELLA TEORIA EVOLUZIONISTA, CHARLES DARWIN

La complessità si è sviluppata sulla Terra come risultato di una manciata di circostanze, note come major transitions. Esse hanno luogo quando gruppi di individui si uniscono per formare un individuo ad un livello più alto, come quando un organismo unicellulare si è evoluto in organismi multicellulari. I dati teorici ed empirici suggeriscono che sono necessarie condizioni estreme perché ci siano le major transitions. Noi  ipotizziamo che esse siano probabilmente la strada verso la complessità anche sugli altri pianeti e ci aspettiamo che siano favorite da condizioni altrettanto restrittive. Quindi, possiamo fare specifiche previsioni sull’aspetto biologico degli Alieni.”

In sostanza, gli esseri viventi (sia qua, sia su un’ipotetica Terra-bis) si adattano all’ambiente secondo regole ricorrenti. “Sembra che essi tentino sempre di fare cose come mangiare, sopravvivere, crescere, riprodursi”, spiega uno degli autori della ricerca, Samuel R. Levin, dottorando in zoologia. L’unico modo per adattarsi è tramite la selezione naturale, il processo in base al quale variazioni nel patrimonio genetico rendono un individuo più forte e più capace di affermarsi- e quindi, avendo la meglio tra i suoi simili, può trasmettere le sue nuove caratteristiche vincenti alla prole.

SIAMO SOLI NELLA NOSTRA GALASSIA?

SIAMO SOLI NELLA NOSTRA GALASSIA?

Partendo da questo presupposto, Levin e i suoi colleghi hanno provato ad immaginare una forma di vita extraterrestre. Ma non hanno seguito il classico approccio degli astrobiologi, che tendono ad applicare quello che vale per la realtà terrestre ad altri contesti di cui non sappiamo nulla. Un metodo con grossi limiti. Dal momento che l’unica pietra di paragone, per ora, è la vita sulla Terra, è impossibile stabilire cosa sia una caratteristica unica del nostro pianeta e cosa invece sia diffuso ovunque nello spazio.

Basti un esempio: l’organo della vista collegato agli occhi, sulla Terra, si è sviluppato in modo indipendente in una quarantina di forme differenti. Eppure non possiamo affermare con certezza che anche gli Alieni debbano avere gli occhi o se, invece, la vista sia un senso esclusivamente terrestre. Ovviamente, il metodo usato dai ricercatori di Oxford non permette di prevedere, nel dettaglio, il preciso aspetto di una forma di vita aliena- se sia più simile ad un rassicurante E.T. stile Spielberg o ad un raccapricciante mostro del genere “Alien”, per intenderci. “Non possiamo stabilire se gli Extraterrestri camminano su due gambe o hanno grandi occhi verdi”, ha detto infatti Levin al quotidiano The Sun.”Però crediamo che la teoria darwiniana offra strumenti unici per tentare di capire come possano essere gli Alieni.”

Qui da noi, i geni formano il genoma, il genoma dà il via alla cellula, la cellula si specializza diventando eucariota. Poi, tante cellule organizzate insieme producono organismi multicellulari i quali, a loro volta, spesso lavorano uniti in colonie o società. Su un pianeta alieno, questo stesso meccanismo potrebbe aver fatto sviluppare creature complesse. Gli autori si sono divertiti ipotizzandone una, chiamata “Octomite”, una specie di grande verme composto da diversi individui che lavorano in sinergia proprio come fanno le singole cellule del corpo umano. “Ci sono potenzialmente centinaia di miliardi di pianeti abitabili nella nostra galassia: non possiamo dire se siamo o meno soli, ma almeno possiamo fare un passo in avanti per comprendere come potrebbero essere i nostri vicini”, conclude lo zoologo.

L'OCTOMITE, L'ALIENO IMMAGINATO DAI RICERCATORI DI OXFORD

L’OCTOMITE, L’ALIENO IMMAGINATO DAI RICERCATORI DI OXFORD

Insomma, se e quando scopriremo delle forme di vita extraterrestre, potremmo forse riconoscere in essere strutture e funzioni già sperimentate sulla Terra, al di là però delle inevitabili, profonde differenze. Che potrebbero essere radicali. Ancora oggi, gli astronomi ritengono abitabili i pianeti dotati di acqua liquida e ossigeno– due elementi essenziali per la vita come la conosciamo noi. Ma nulla vieta che altrove esistano organismi che respirano azoto o che nuotano nel metano. La vita- come ancora non la conosciamo- potrebbe riservare straordinarie sorprese.

SABRINA PIERAGOSTINI

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