I “lampo radio veloci” sono prove di civiltà aliene?

Segnali brevissimi, ripetuti, misteriosi. Arrivano dallo spazio profondo, da una distanza di un miliardo e mezzo di anni luce, da un’altra galassia. Li ha captati, nei giorni scorsi, il radiotelescopio canadese CHIME, acronimo di Canadian Hydrogen Intensity Mapping Experiment, il più potente al mondo nel suo genere, costruito per creare mappe tridimensionali dell’universo raccogliendo dati spazio-temporali. Ma ha raccolto anche questi impulsi di energia che ora fanno discutere gli astronomi.

COSA PROVOCA QUESTI RAPIDISSIMI LAMPI RADIO DALLO SPAZIO PROFONDO?

COSA PROVOCA QUESTI RAPIDISSIMI LAMPI RADIO DALLO SPAZIO PROFONDO?

Nel 2007, simili pulsazioni radio, intense ma velocissime, chiamate dagli scienziati con la sigla FRB  ovvero “Fast Radio Burst”, furono rilevate per caso dall’osservatorio di Parkes, in Australia, lasciando tutti sbigottiti. Nel  2015, era stato il radiotelescopio di Arecibo, a Porto Rico, a  registrarne un’altra sequenza. Poi, il silenzio. Adesso, la megastruttura che si snoda in una vallata della British Columbia ha captato  nuovi “lampi radio veloci” che durano un millisecondo e dalla natura ancora sconosciuta.  La loro frequenza è insolita. In precedenza avevano frequenze di 1400 megahertz, ma questa volta sono compresi tra gli 800 e i 400 MHz- la frequenza più bassa che il Chime riesca a individuare.

L’ipotesi più diffusa  li vuole generati da fenomeni astronomici straordinari avvenuti al di fuori della Via Lattea, come la fusione di buchi neri o di stelle ai neutroni superdense. Ma non mancano supposizioni più azzardate. Prima tra tutte, che queste scariche di energia cosmica siano la prova dell’esistenza di una qualche  incredibile civiltà aliena molto avanzata. In questi termini si è espresso, ad esempio, il professor Avi Loeb, direttore del dipartimento di astronomia del centro Harvard-Smithsonian, che già si era esposto sull’enigmatico  Oumuamua, da lui ritenuto né una cometa né un asteroide interstellare, ma una sonda costruita per l’esplorazione spaziale da una tecnologia a noi ignota.

IL CHIME, IL RADIO TELESCOPIO CANADESE

IL CHIME, IL RADIOTELESCOPIO CANADESE

Nel 2017, Loeb e un suo collega, Manasvi Lingam, avevano sostenuto che gli FRB potessero essere fuoriusciti da trasmettitori alieni di dimensioni planetaria. Piuttosto che essere stati progettati per comunicare, sarebbero stati molto più probabilmente usati per spingere le gigantesche astronavi alimentate da vele solari che rimbalzano la luce, o in questo caso fasci radio, contro un enorme foglio riflettente per fornire spinta, dicevano i due astrofisici. “I lampo radio veloci sono straordinariamente luminosi in virtù della loro breve durata e dell’origine a grande distanza e non abbiamo ancora identificato una possibile fonte naturale con sicurezza. Vale la pena di contemplare e verificare un’origine artificiale”, diceva l’articolo pubblicato su Astrophysical Journal Letters.

Capita sempre più di frequente che ricercatori di centri universitari rinomati osino prendere in esame, come ipotesi di lavoro, anche l’eventualità che strani fenomeni o oggetti cosmici misteriosi celino l’esistenza di civiltà extraterrestri molto più evolute della nostra. È successo per il già citato Oumuamua, ma prima ancora ha avuto una potenziale spiegazione aliena anche la Tabby’s Star, quella stella studiata inizialmente dall’equipe dell’astronoma Tabetha Boyajian  (che le ha dato il nome) e dal comportamento così anomalo da far sospettare la presenza, attorno ad essa, di una Sfera di Dyson, costruita per assorbire la sua energia.

IL PROFESSOR AVI LOEB

IL PROFESSOR AVI LOEB

Intervistato dal quotidiano britannico The Guardian,  Chris French, capo dell’Anomalistic Psychology Research Unit dell’Università di Londra, ha commentato questo tipo di interpretazioni da psicologico, sostenendo che è naturale per noi umani vedere gli Alieni dietro qualsiasi mistero cosmico. “Siamo di fronte a quello che chiamiamo bias intenzionale. È l’assunzione che qualunque cosa accada, qualcuno o qualcosa ha fatto sì che accadesse per una ragione. Nel contesto spaziale, quel qualcuno saranno sempre gli alieni.” Una forma di pregiudizio– che in psicologia è definito anche apofenia ( la tendenza umana a vedere schemi significativi tra dati casuali) – che si sarebbe sviluppata durante la nostra evoluzione: i nostri antenati se la cavavano meglio se un fruscìo tra i cespugli li faceva scappare anziché indurli a riflettere se fosse stato il vento a provocarlo. “In sostanza, il nostro cervello si è evoluto allo scopo di mantenerci in vita piuttosto che a farci comprendere la verità dell’universo”, ha chiosato French.

L’astronomo Carl Segan proponeva una saggia via di mezzo, consapevole che essere troppo aperti a idee bizzarre faceva passare gli scienziati per degli svitati, ma troppa chiusura mentale limitava i loro orizzonti di ricerca. Disse infatti una volta: “Mi sembra che venga richiesto uno squisito bilanciamento tra due necessità contrastanti: l’esame approfondito più scettico di tutte le ipotesi che ci sono state offerte e nello stesso tempo una grande apertura a nuove idee.”  Ci sta provando anche Duncan Lorimer, l’astrofisico della West Virginia University  che si è imbattuto per la prima volta nei FRB nel 2007. Anche lui, quando ha captato quegli impulsi radio, un pensierino ad un messaggio da parte di ET ce l’ha fatto…

GLI FRB POTREBBERO ESSERE EMESSI DA UNA TECNOLOGIA ALIENA

GLI FRB POTREBBERO ESSERE EMESSI DA UNA TECNOLOGIA ALIENA

“Sì, abbiamo assolutamente pensato agli Alieni. Avevamo solo quell’unico oggetto. Abbiamo cercato schemi nel segnale e non abbiamo potuto trovare nulla, ma lo abbiamo senz’altro preso in considerazione.” Adesso però per lui l’ipotesi sta perdendo peso e non lo convince più di tanto. Molti astronomi ora ritengono probabile la possibilità che gli FRB siano fasci intensi di radiazioni emessi da particelle caricate mentre girano impazzite attorno a stelle ai neutroni fortemente magnetizzate. “Mi sembra un’idea più plausibile, ma non voglio escludere del tutto gli Alieni”, ha detto Lorimer.  D’altra parte, compito dei ricercatori è tentare nuove strade, senza preconcetti di sorta. Secondo il professor Loeb, “la scienza non è questione di credere, è una questione di prove. Decidere ciò che è probabile in anticipo limita le possibilità. Vale la pena di esporre le idee e poi lasciare che a giudicare siano i dati.”

SABRINA PIERAGOSTINI

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