Una cometa ci colpì: nuove prove in Cile

Un rapido e drastico mutamento delle temperature, incendi boschivi diffusi, intere specie animali estinte, culture e popoli scomparsi.  Tutto questo accadde ad un certo punto della storia del nostro pianeta, circa 12.800 anni fa, durante il cosiddetto Dryas Recente (Young Dryas in inglese), una piccola era glaciale durata all’incirca 1200 anni. Ma cosa l’abbia provocata ancora divide i ricercatori. La maggior parte degli esperti attribuisce questo capovolgimento climatico della fine del Pleistocene a cause naturali e si oppone alla ricostruzione di un numero sempre più crescente di geologi che guardano invece allo spazio.

LA TERRA È STATA COLPITA DA FRAMMENTI DI UNA COMETA?

LA TERRA È STATA COLPITA DA FRAMMENTI DI UNA COMETA?

A determinare quel cataclisma globale, a loro avviso, sarebbe stato un gigantesco impatto cometario. Più frammenti avrebbero colpito quasi in contemporanea diversi punti della Terra, scatenando tutti quegli effetti che scavi ed analisi hanno accertato. A sostegno di questa  ipotesi molto contestata ci sarebbero ora nuovi indizi, come spiega un articolo pubblicato sulla rivista Nature Scientific Reports scritto da James Kennett, docente di geologia all’Università della Californa a Santa Barbara, insieme ad altri colleghi. “I segni di un impatto cosmico sono molto più estremi di quanto abbia mai pensato quando ho iniziato la ricerca”, ha affermato.

Uno dei possibili punti di impatto sarebbe il cratere lungo 31 chilometri scoperto di recente sotto i ghiacci della Groenlandia. Kennett avrebbe però individuato un altro elemento a favore della teoria: si trova sempre nel continente americano, ma nell’ emisfero opposto, quello australe, a circa 41 gradi sud, vicino alla punta del Sud America, nell’attuale Cile. Un dato molto importante, perché finora  tutti gli indizi accumulati negli anni erano concentrati soltanto nell’emisfero nord. Segno che l’impatto- se davvero ha avuto luogo- ebbe dimensioni planetarie e non risparmiò nessuno.

IL CRATERE DA IMPATTO SCOPERTO IN GROENLANDIA

IL CRATERE DA IMPATTO SCOPERTO IN GROENLANDIA

La scoperta è iniziata diversi anni fa,  quando un gruppo di ricercatori cileni che studiavano i sedimenti in un noto sito paleontologico, Pilauco Bajo, hanno riconosciuto alcune caratteristiche  di solito associate  all’ impatto del Young Dryas, ovvero uno strato di “viluppo nero”, di 12.800 anni di età. Epoca che coincideva, per il Sudamerica, con la scomparsa dei fossili della megafauna del Pleistocene, con un improvviso cambiamento della vegetazione e con l’assenza di artefatti umani. Situazioni già riscontrate nel medesimo periodo anche in Europa e Nord America, motivo per cui i ricercatori hanno deciso di approfondire le indagini.

Le analisi del terreno hanno mostrato la presenza di sferule metalliche microscopiche, prodotte dalla fusione delle rocce alle altissime temperature prodotte dall’impatto. Si trovavano in uno strato con elevate concentrazioni di platino, oro e particelle di ferro tellurico- estremamente rare in natura. “Tra le sferule più importanti ci sono quelle ricche di cromo“, ha spiegato Kennett. Un livello molto alto, che però non si trova in quelle rinvenute nell’emisfero nord. Come spiegarlo? “Le rocce vulcaniche nelle Ande meridionali possono essere ricche di cromo e devono essere la fonte locale. Quindi, gli oggetti cometari devono aver colpito anche il Sud America,” riporta il sito phys.org.

FINORA I CONFINI DEL DRYAS RECENTE ERANO NELL'EMISFERO SETTENTRIONALE

FINORA I CONFINI DEL DRYAS RECENTE ERANO NELL’EMISFERO SETTENTRIONALE

Altre prove, aggiunge Kennett,  coerenti con i dati che gli scienziati cileni hanno raccolto in passato e stanno raccogliendo ancora, hanno indicato “un enorme disastro ambientale a circa 40 gradi sud”. Ad esempio, ci sono tracce di un grande evento di combustione di biomassa (ovvero di materiale organico come il legno) che è stato evidenziato, tra l’altro, dal micro-carbone e dai segni di bruciatura nei campioni di polline raccolti nello strato del presunto impatto. “È di gran lunga il più grande fenomeno di combustione in questa regione in una storia che si estende per migliaia di anni”, ha detto Kennett. E quell’enorme incendio sarebbe divampato proprio quando analoghi roghi bruciavano i boschi dell’odierno Canada, degli Stati Uniti e dell’Europa occidentale.

Negli strati  sedimentari di Pilauco sono stati trovati anche preziosi campioni di polline e di  semi che mostrano come sia mutata, in breve  tempo, anche la flora della regione. Ma a differenza dell’emisfero settentrionale, in cui si registrò un repentino abbassamento delle temperature che coprì di ghiaccio ampie distese di mare e di terra emersa,   nell’emisfero meridionale invece il clima da rigido e umido divenne all’improvviso secco e caldo. Secondo il professor Kennett, le cinture climatiche si sarebbero spostate come in un’altalena: le zone temperate del nord divennero glaciali, mentre quelle solitamente  fredde del sud (come la Terra del Fuoco) sperimentarono temperature elevate. E tutto avvenne nel giro di pochi anni.

TRA LE VITTIME DEL DRYAS RECENTE, ANCHE I MAMMUT

TRA LE VITTIME DEL DRYAS RECENTE, ANCHE I MAMMUT

Ecco perché per Kennett è improbabile che quel mutamento climatico sia attribuibile a processi naturali- come all’effetto delle correnti oceaniche. La sua rapidità fa propendere per la tesi di una radicale alterazione atmosferica prodotta da un impatto con oggetti provenienti dallo spazio. Quegli enormi frammenti cometari avrebbero stravolto il clima e insieme l’ecosistema: sarebbero responsabili dell’estinzione di grandi animali come i bradipi giganti, le tigri dai denti a sciabola, i mammut e i gonfoteriidi, dei proscidati simili all’elefante.  Tutte specie scomparse alla fine del Pleistocene.

“Questa è un’ulteriore prova che l’inizio climatico del Younger Dryas è un evento globale estremo, con importanti conseguenze sulla vita animale e sulla vita umana in quel momento”, ha detto Kennett. Infatti, gli effetti di questa catastrofe planetaria sarebbero stati terribili anche per gli uomini del tempo. Di sicuro infatti determinò la fine del popolo di Clovis, così chiamato dai manufatti trovati nella cittadina omonima del New Mexico nel secolo scorso. La cultura- la prima che abbia abitato l’America- fiorì circa 13.500 anni fa, per poi scomparire all’improvviso circa mille anni dopo. Ecco perché , quando si parla della possibile causa del Drayas Recente, di parla della “Cometa di Clovis”.

IL POPOLO PALEINDIANO CLOVIS SCOMPARVE NEL 13° MILLENNIO A.C.

IL POPOLO PALEOINDIANO CLOVIS SCOMPARVE NEL 13° MILLENNIO A.C.

Ma quante altre civiltà, sparse qua e là sul pianeta, potrebbero essere state spazzate via da quell’apocalisse? Quanti popoli hanno vissuto la loro personale “fine del mondo”? Quanti racconti etichettati come miti possono nascondere invece il ricordo di quella distruzione arrivata dal cielo come una punizione divina? Persino la leggenda di Atlantide, narrata da Platone in due dialoghi,   Timeo e Crizia, potrebbe affondare le sue radici in quel tempo lontano in cui la città (immaginaria o forse no),  devastata da terremoti e inondazioni, sprofondò tra i flutti in un brevissimo lasso di tempo: nel corso di un giorno e di una notte, come poeticamente scrisse il filosofo ateniese.

SABRINA PIERAGOSTINI

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