«Sui mondi alieni possibile la vita anche senza ossigeno»

La possibilità e la speranza di trovare mondi abitati si raddoppiano, se non addirittura si moltiplicano. Finora, gli astrobiologi hanno sempre privilegiato la ricerca di pianeti gemelli della Terra, di simili dimensioni, struttura e caratteristiche atmosferiche, considerandoli i candidati ideali per ospitare la vita. Ma ora uno studio allarga di molto l’orizzonte, dimostrando che l’ossigeno non è indispensabile e anche le Super-Terre avvolte in uno spesso strato di idrogeno possono riservare interessanti sorprese.

UNA SUPER-TERRA PUÒ OSPITARE LA VITA?

UNA SUPER-TERRA PUÒ OSPITARE LA VITA?

L’articolo, a cura di quattro ricercatori del MIT (il Massachusetts Institute of Technology), è stato pubblicato all’inizio di maggio sulla rivista scientifica Nature Astronomy con il titolo “Laboratory studies on the viability of life in H2-dominated exoplanet atmospheres” (“Studi di laboratorio sulla possibilità di sopravvivenza della vita in un esopianeta con un’atmosfera dominata da H2 “). L’obiettivo dello studio- raggiunto, secondo gli autori-è quello di determinare quali siano gli ambienti alieni nei quali è più probabile trovare tracce individuabili di attività biologica– insomma, della presenza di esseri viventi.

Ad aiutarci a capire l’importanza della ricerca è l’approfondimento che David Rothery, professore di Geoscienze Planetarie della Open University ( la più grande università online della Gran Bretagna) gli ha dedicato sul sito online The Conversation. Nella sua riflessione, il docente è partito dalla premessa del team di Cambridge: la scoperta della vita extraterrestre dipende dalla nostra capacità di analizzare i gas presenti nell’atmosfera di un mondo lontano. Per farlo, servono telescopi avanzati- come il tanto atteso James Webb Space Telescope: quando l’esopianeta transita davanti al suo sole, la luce della stella attraversa l’atmosfera per raggiungerci e parte di essa viene assorbita.

UNA RAPPRESENTAZIONE ARTISTICA DEL JAMES WEBB SPACE TELESCOPE

UNA RAPPRESENTAZIONE ARTISTICA DEL JAMES WEBB SPACE TELESCOPE

Osservandone lo spettro- ovvero la luce suddivisa in base alla lunghezza d’onda- il telescopio scopre quali gas sono presenti. Per esempio, se trovasse del metano– che reagisce naturalmente con l’ossigeno producendo CO2– potremmo dedurre la presenza di forme viventi, perché il metano viene prodotto da processi biologici. E lo stesso ossigeno è in abbondanza sulla Terra grazie all’opera dei microbi fotosintetici che 2 miliardi e mezzo di anni fa hanno iniziato a liberarlo dall’anidride carbonica. L’assenza di ossigeno, ad oggi, è uno dei criteri per eliminare un esopianeta dalla lista dei potenziali mondi abitabili. Ma probabilmente farlo è un errore.

Gli autori dello studio hanno infatti preso in esame un potenziale pianeta dominato dall’idrogeno molecolare e privo di ossigeno allo stato libero– i due gas, mescolati, sono letteralmente esplosivi… L’idrogeno- spiega il professor Rothery- è la molecola più leggera di tutte ed è molto volatile. Perché un pianeta roccioso abbia sufficiente forza di gravità per non far scappare tutta la sua atmosfera di H2 nello spazio, deve avere una massa notevole- tra le 2 e le 10 volte quella terrestre. E visto che la densità di una simile atmosfera diminuisce 14 volte meno rapidamente rispetto a quella prevalentemente di azoto (come la nostra), ciò significa che attorno al pianeta ci sarà un involucro gassoso 14 volte più esteso e quindi più facilmente osservabile con un telescopio.

LA TERRA PARAGONATA AD ALTRI ESOéPIANETI ROCCIOSI GIÀ INDIVIDUATI DAI TELESCOPI

LA TERRA PARAGONATA AD ALTRI ESOéPIANETI ROCCIOSI GIÀ INDIVIDUATI DAI TELESCOPI

Ma il punto è: in un’atmosfera del genere può sussistere la vita? La risposta dei ricercatori del MIT è: sì. Hanno preso un batterio, l’Escherichia Coli (ne abbiamo miliardi nel nostro intestino) e alcuni lieviti: «Abbiamo dimostrato che organismi unicellulari che normalmente non abitano in ambienti dominati da H2  possono sopravvivere e svilupparsi in un’atmosfera al 100 per cento di idrogeno», scrivono nell’abstract dell’articolo. Scoperta interessante, dice il docente della Open University, ma non è una novità: già sapevamo che alcuni microbi possono vivere nella crosta terrestre o sui fondali marini in totale assenza di ossigeno. È la cosiddetta “respirazione anaerobica“. Il punto chiave dello studio è un altro.

L’E. Coli, messo in laboratorio in un ambiente di idrogeno, produce infatti “una sorprendente diversità” di composti chimici, scrivono gli autori, come dimetil-solfuro, solfuro di carbonile, isoprene. La loro presenza nell’atmosfera dominata da H2 di una Super-Terra sarebbe dunque indice di attività biologica: sarebbero delle biofirme rilevabili dai nostri strumenti. Sapremmo cosa cercare. Senza contare poi che, secondo lo studio, l’idrogeno molecolare ad alta concentrazione può agire da gas serra: quindi, trattenendo la luce solare, potrebbe mantenere una temperatura superficiale sufficiente per permettere all’acqua di restare liquida anche se il pianeta orbita  a distanze maggiori dalla stella ospite.

L'ATMOSFERA DI IDROGENO PRODURREBBE UN EFFETTO SERRA

L’ATMOSFERA DI IDROGENO PRODURREBBE UN EFFETTO SERRA

Insomma, questa ricerca amplia le possibilità di trovare forme di vita nel cosmo: la lista dei candidati si allunga, e di molto, aggiungendo i pianeti molto più grandi del nostro, con un’atmosfera priva di ossigeno, al di fuori della Fascia di Abitabilità. Nell’elenco dei potenziali mondi abitati (da creature con un metabolismo differente dal nostro, ma pur sempre creature viventi) entrerebbero anche quelli fino ad oggi esclusi. «Gli autori evitano di considerare le possibilità di trovare la vita in giganteschi pianeti gassosi come Giove», chiosa il suo commento David Rothery. «Anche così, però, espandendo il pool di mondi abitabili includendo le Super-Terre con atmosfere ricche di idrogeno, hanno potenzialmente raddoppiato il numero di corpi celesti che potremmo sondare per trovare quei primi segni inafferrabili di vita extraterrestre.»

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