L’enigma di Tunguska, trovata la spiegazione?

Nel cielo risplende un bagliore improvviso: mentre uno spaventoso boato rimbomba a centinaia di chilometri di distanza, l’aria si fa bollente e una enorme foresta viene rasa al suolo in pochi istanti. È lo scenario apocalittico vissuto dai pochi testimoni di uno dei fenomeni più misteriosi della storia recente, noto come l’Evento di Tunguska che si verificò la mattina del 30 giugno 1908 in una zona remota e quasi disabitata della Siberia. Un enigma al quale ora un nuovo studio ritiene di aver trovato risposta.

SULLA CARTINA, IL LUOGO DEL DISASTRO. MISTERIOSO

SULLA CARTINA, IL LUOGO DEL DISASTRO MISTERIOSO

Quel giorno, qualcosa precipitò sul nostro pianeta provocando un disastro senza precedenti: l’esplosione distrusse più di 80 milioni di conifere in pochi secondi in un’area di circa 2mila chilometri quadrati. Le immagini, riprese a distanza di quasi 20 anni (quando la prima missione scientifica sovietica poté raggiungere il luogo della catastrofe), mostrarono quegli alberi alti decine di metri riversi sul terreno in cerchi concentrici, schiacciati come se fossero steli d’erba. Ma gli scienziati, né allora né in seguito, riuscirono a trovare un cratere d’impatto o dei detriti a terra che spiegassero l’origine di quel cataclisma.

Elementi, questi, che hanno complicato la vita ai ricercatori fino ad oggi: l’ipotesi da sempre ritenuta più plausibile- lo schianto di un asteroide o di una cometa– si scontra infatti con l’assenza di tracce a terra attribuibili a una roccia spaziale. Così, negli anni, si sono moltiplicate le potenziali spiegazioni, dall’eruzione vulcanica sotterranea all’esplosione in miniera- non suffragate dai dati- fino all’impatto con un mini buco nero– idea avanzata da uno studio pubblicato sulla rivista Nature nel 1973 e in seguito smentito da un’altra ricerca. I più arditi si sono spinti fino ad ipotizzare, su Tunguska, gli effetti devastanti di un esperimento fallito di Nikola Tesla e perfino il crash di un’astronave aliena

GLI ALBERI STESI A TERRA, COLPITI DALL'ESPLOSIONE

GLI ALBERI STESI A TERRA, COLPITI DALL’ESPLOSIONE

Di sicuro, in questa strana vicenda, ci sono i racconti dei testimoni dell’epoca: un uomo raccontò di aver percepito un calore così intenso, mentre il cielo si illuminava in modo innaturale, da credere che la sua camicia stesse andando a fuoco. E si trovava a decine di chilometri di distanza. A oltre 60 km dal luogo del disastro, andarono i frantumi i vetri alle finestre e le persone vennero sbalzate a terra dall’onda d’urto. Guardando all’orizzonte, si vedeva il cielo diviso in due parti da una striscia rossa- le fiamme che stavano divorando la foresta.  Quella notte, Londra fu rischiarata da una luce fuori dal consueto. In tempi recenti, la NASA ha calcolato che l’esplosione avvenuta in questo punto della Siberia è stata 185 volte più devastante di quella prodotta dalla bomba atomica sganciata su Hiroshima.

Ora, un team russo è convinto di aver capito cosa possa aver provocato l’evento di Tunguska. I ricercatori sono partiti proprio dalla spiegazione più accreditata- l’impatto di un corpo celeste, che entrando nell’atmosfera terrestre si sarebbe disintegrato scoppiando a qualche chilometro dalla superficie del nostro pianeta. Eppure, a terra non è stato trovato alcun frammento di roccia che dimostri questa eventualità, al contrario di quanto avviene normalmente in questi casi. Ad esempio, quando nel febbraio del 2013 è esploso un asteroide sopra la  città russa di Chelyabinsk, nel giro di una settimana sono stati individuati anche i detriti da esso lasciati. Quindi- sostengono i ricercatori nello studio pubblicato sulla rivista Monthly Notices della Royal Astronomicval Society- le cose devono essere andate diversamente.

IL SITO DI TUNGUSKA OGGI

IL SITO DI TUNGUSKA OGGI

Hanno allora utilizzato un programma al computer per simulare diversi scenari, nel caso in cui a cadere sulla Terra sia stato un oggetto formato da roccia, da ghiaccio oppure da ferro, di diametro compreso tra i 50 e 200 metri, con una traiettoria che lo abbia portato ad una distanza tra i 10 e i 15 chilometri dalla superficie terrestre. I calcoli degli scienziati hanno rivelato che un corpo roccioso o di ghiaccio si sarebbe completamente disintegrato attraversando la nostra troposfera. Soltanto un asteroide fatto di ferro, largo almeno 100 metri, sarebbe arrivato pressochè intatto e non si sarebbe frammentato in mille pezzi.

Ecco allora la loro idea: sulla Siberia, nel 1908, è precipitato un meteorite ferroso molto grande- da 100 a 200 metri il suo diametro- che viaggiava a 72mila km/h. Entrando nell’atmosfera, avrebbe perso parte della sua massa, che si sarebbe dispersa come gas e plasma ossidandosi, per poi finire nel terreno sotto forma di ossido di ferro, non distinguibile da quello terrestre. Il particolare angolo di ingresso del proiettile spaziale gli avrebbe permesso di arrivare abbastanza vicino al suolo da provocare quella sconvolgente onda d’urto- a circa 10/15 chilometri di altezza- ma nello stesso tempo gli avrebbe consentito di schizzare via, uscendo dalla nostra orbita e proseguendo il suo viaggio nello spazio.

UN'ALTRA IMMAGINE D'EPOCA DELL'EVENTO DI TUNGUSKA

UN’ALTRA IMMAGINE D’EPOCA DELL’EVENTO DI TUNGUSKA

Insomma, l’asteroide avrebbe semplicemente scalfito la superficie terrestre, praticamente sfiorandola, senza però cadere davvero. Si spiegherebbe cosi sia l’assenza del cratere che di detriti. Ma non tutto convince in questo quadro. Interpellato dal sito Livescience.com, Mark Boslough- fisico dei Laboratori di Los Alamos e professore all’Università del New Mexico-non ha nascosto alcune perplessità: innanzi tutto,  se un oggetto fosse rimbalzato attraverso l’atmosfera senza esplodere,  a suo avviso l’onda d’urto risultante sarebbe stata significativamente più debole dell’onda prodotta dall’ esplosione. «Un corpo sopravvissuto a un tale passaggio attraverso l’atmosfera non avrebbe potuto scendere abbastanza vicino alla superficie per determinare un boom sonico sufficiente da causare il tipo di danno osservato a Tunguska», ha detto Boslough.

Inoltre, la disposizione degli alberi abbattuti nel sito è a raggiera, come se un enorme rilascio di energia fosse avvenuto a partire da un singolo punto centrale. Proprio come ci si aspetterebbe di vedere dopo uno scoppio a mezz’aria, non per uno shock sonico. Senza dimenticare poi i racconti dei testimoni oculari al momento dell’incidente, coerenti con l’ipotesi di un oggetto che stava precipitando a terra prima di esplodere. Un’obiezione che gli autori dell’articolo hanno in parte accolto, assicurando un ulteriore approfondimento dei calcoli relativi all’onda d’urto prodotta da un asteroide in movimento. Insomma, sull’evento di Tunguska, a quanto pare, non è stata ancora scritta la parola definitiva.

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