Il mistero da risolvere è sempre quello: esistono altre forme di vita nel cosmo? Come e in quali condizioni si possono formare? Per astrofisici e astrobiologi, la sfida del XXI secolo è trovare risposta a queste domande il prima possibile, magari entro la fine del decennio. Nuovi indizi utili possono arrivare dallo studio delle atmosfere di lontani esopianeti ma anche dalle analisi degli asteroidi. Un frammento recuperato da una sonda giapponese inviata nello spazio nel 2003 ha rivelato qualcosa di inatteso.
L’ASTEROIDE ITOKAWA
La missione è quella denominata Hayabusa, che più di 15 anni fa ha raggiunto una piccola roccia a forma di patata in orbita attorno al Sole, chiamata 25143 Itakawa in onore dell’omonimo scienziato nipponico considerato il padre della ricerca spaziale giapponese. I campioni prelevati allora dalla sonda, rientrati poi sulla Terra nel 2010, sono stati sottoposti a lunghi ed attenti esami. Ora i risultati sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports e sono molto interessanti: il team di ricerca afferma di aver trovato materiali organici essenziali per la vita ed è la prima volta che vengono scoperti sulla superficie di un asteroide.
Per l’esattezza, 24143 Itawaka- un asteroide di tipo S, in quanto costituito principalmente di silicati di ferro, nichel e magnesio-presenta materiale organico che si è evoluto nel tempo in condizioni estreme, incorporando anche acqua da altre fonti– probabilmente altre rocce spaziali presenti nella Fascia degli Asteroidi. In un paio di granelli di polvere gli studiosi hanno scoperto una ricca varietà di composti a base di carbonio, inclusi segni di molecole poliaromatiche di origine extraterrestre (la materia organica) e strutture di grafite.«Questi risultati sono davvero entusiasmanti in quanto rivelano dettagli complessi della storia di un asteroide e di come il suo percorso evolutivo sia così simile a quello della Terra prebiotica», ha affermato Queenie Chan, esperta di Scienze Planetarie della Royal Holloway University di Londra.
LA SUPERFICIE DELLL’ASTEROIDE RAGGIUNTO DALLA SONDA GIAPPONESE
Capire se e dove la vita (o anche i suoi “mattoni” di base) sia diffusa nel cosmo attorno a noi è essenziale per cercare di vincere la scommessa- trovare forme viventi al di fuori della Terra quanto prima. Il primo passo consiste nell’analizzare le atmosfere di mondi lontani, alla ricerca di gas rivelatori della presenza di creature con attività biologica- una miscela di ossigeno, metano e anidride carbonica (ne abbiamo parlato nell’articolo http://www.extremamente.it/2021/03/05/anche-gli-alieni-producono-smog-e-rumore/). Ma per farlo, servono i telescopi di nuova generazione in grado di analizzare, a distanza, i composti chimici presenti nell’aria degli esopianeti. Bisognerà aspettare fino al 2025 per l’Extremely Large Telescope in costruzione in Cile per conto dell’European Southern Observatory che -una volta terminato- sarà il telescopio terrestre più grande del mondo. Intanto però già nell’ottobre 2021- salvo ulteriori rinvii- dovrebbe essere lanciato il telescopio spaziale della NASA James Webb. Nel frattempo, gli astrobiologi hanno già individuato il candidato ideale per la prima osservazione.
I NUOVI TELESCOPI POTRANNO ANALIZZARE LE ATMOSFERE LONTANE
È un nuovo mondo (il 4353esimo finora scoperto) al centro di un articolo pubblicato su Science. Si tratta di una “super-Terra”, ovvero di un pianeta roccioso simile al nostro ma di dimensioni maggiori, con una massa quasi 3 volte più grande. Gliese 486 b, questo il suo nome, di per sé non sembra affatto adatto ad ospitare la vita come la conosciamo noi, anzi. Anche se orbita attorno a una nana rossa- molto meno calda del Sole- il pianeta è così vicino da ricevere un forte irraggiamento: la sua temperatura dovrebbe aggirarsi sui 430 °C, poco meno che su Venere. Tuttavia è uno dei pianeti simil-terrestri più vicini finora individuati, trovandosi a circa 26 anni luce da noi. Non solo: presenta una composizione simile a quella della Terra (con un nucleo metallico), ha un’orbita brevissima (appena un giorno e mezzo), è visibile da entrambi gli emisferi terrestri e mantiene una temperatura superficiale costante.
UN’IMMAGINE ARTISTICA DELLA SUPERFICIE BOLLENTE DEL NUOVO PIANETA
Insomma, per gli scienziati la sua posizione, le sue caratteristiche fisiche e la sua configurazione orbitale lo rendono perfetto per uno studio sulla sua atmosfera. «Diciamo che Gliese 486b diventerà istantaneamente la Stele di Rosetta dell’esoplanetologia, almeno per i pianeti simili alla Terra», ha detto uno degli autori della ricerca, l’astrofisico spagnolo José Caballero del Centro di Astrobiologia, riferendosi all’antica lastra di pietra che ha aiutato gli archeologi a decifrare i geroglifici egiziani. «Tutto ciò che apprendiamo sull’atmosfera di Gliese 486 b e su altri pianeti simili alla Terra sarà applicato, entro pochi decenni, alla rilevazione di biomarcatori o firme biologiche, vale a dire quelle caratteristiche spettrali nelle atmosfere di esopianeti che possono essere ascritte solo alla vita extraterrestre».