Ora gli astrobiologi cercano la vita aliena sugli “Hycean Planets”

Erano letteralmente davanti ai nostri occhi, ma non li abbiamo mai degnati di uno sguardo. Solo ora, a distanza di decenni di ricerche e di studi, gli astrobiologi impegnati a scovare attorno a noi pianeti potenzialmente adatti a ospitare la vita, hanno scoperto una nuova, interessantissima classe di mondi alieni in precedenza scartati a priori per le caratteristiche apparentemente incompatibili con essa. E invece no: forse la vita aliena si nasconde proprio sotto al nostro naso dove non abbiamo mai cercato.

LA NUOVA CATEGORIA INCLUDE PIANETI COPERTI DA OCEANI E RICCHI DI IDROGENO

LA NUOVA CATEGORIA INCLUDE PIANETI COPERTI DA OCEANI E RICCHI DI IDROGENO

Lo dice un articolo recentemente pubblicato sulla rivista scientifica The Astrophysical Journal a firma di un team di ricercatori dell’Università di Cambridge che hanno rivalutato un tipo di pianeti che non assomigliano alla Terra e che hanno definito “Hycean”– un termine difficilmente traducibile perché nasce dalla fusione di due parole inglesi: hydrogen (idrogeno) e ocean (oceano), ovvero i due elementi principali che caratterizzano la loro atmosfera e la loro superficie. Noi forse li potremmo definire mondi “idroceani”. A differenza di quello che si può pensare, sono molto diffusi nella galassia, tanto che costituiscono la maggioranza dei circa 4500 esopianeti individuati con certezza fino a oggi.

Ecco perché- se davvero fossero in grado di supportare la vita- all’istante le nostre speranze di trovarla aumenterebbero a dismisura. Anche perché i pianeti che appartengono a questa categoria Hycean oltre ad essere sparsi ovunque nella Via Lattea sono di norma più grandi della Terra e alcuni di essi si trovano relativamente vicino a noi, cosa che rende la loro osservazione più facile. Uno in particolare ha attirato l’attenzione degli astrobiologi: è K2-18b, in orbita attorno a una nana rossa lontana circa 120 anni luce, con più di 8 volte la massa terrestre. Studi risalenti al 2019 hanno appurato che si trova nella cosiddetta fascia di abitabilità e che la sua atmosfera presenta abbondanti tracce di vapore acqueo. Ecco perché è considerato il primo candidato da sottoporre al James Webb Space Telescope, il telescopio spaziale della NASA che dopo tanti rinvii sarà finalmente lanciato nell’ottobre 2021.

ANCHE K2-18B APPARTIENE ALLA CLASSE DEI MINI-NETTUNO

ANCHE K2-18B APPARTIENE A QUESTA  CLASSE DI PIANETI

«I pianeti idroceani aprono un nuovo corso nella nostra ricerca della vita ovunque nello spazio», ha affermato l’autore principale dello studio dell’Università di Cambridge, l’astrofisico Nikku Madhusudhan. L’obiettivo è andare alla ricerca di tracce di gas nelle atmosfere di questi mondi, prima del tutto sottovalutati, per individuare la presenza di biofirme, ossia di elementi come ossigeno, ozono, metano, CO2 o altre molecole che provino un’attività biologica. «Trovare quelle impronte significa cambiare per sempre la nostra comprensione della vita nell’universo», ha aggiunto. E per questo il JWST sarà determinante, perché questo enorme telescopio agli infrarossi – il più grande in assoluto tra quelli posti in orbita terrestre, 100 volte più potente di Hubble di cui è considerato l’erede e dotato di una tecnologia all’avanguardia- è stato costruito anche  per analizzare le componenti chimiche di atmosfere lontane.

 IL JAMES WEBB SPACE TELESCOPE DOVREBBE ESSERE LANCIATO NELL'OTTOBRE 2021

IL JAMES WEBB SPACE TELESCOPE DOVREBBE ESSERE LANCIATO NELL’OTTOBRE 2021

Ma come sono fatti, esattamente, questi esopianeti all’improvviso in auge? Come spiega un articolo pubblicato da Forbes, sono mondi decisamente più grandi e più caldi del nostro (possono raggiungere i 200 gradi) e sono ricoperti da enormi distese oceaniche. Sono chiamati anche “Super Terre” o “Mini Nettuni” e presentano un’alta concentrazione di idrogeno nella loro aria. Sono in rotazione sincrona con la loro stella, quindi hanno una faccia perennemente illuminata e nell’altra invece, esattamente come accade alla nostra Luna, è sempre notte. Tuttavia, a discapito di tutto ciò, ora gli studiosi sono convinti che nei loro oceani esistano le condizioni ideali per lo sviluppo della vita, almeno in forma microscopica. E i microbi, lo sappiamo, possono vivere e proliferare in ogni situazione-a temperature elevatissime o a pressioni estremamente elevate, in ambienti super acidi o praticamente senza sostanze nutritive.

UNA RESA ARTISTICA DI UN HYCEAN PLANET

UNA RESA ARTISTICA DI UN “HYCEAN PLANET”

Nessuno finora ci aveva pensato, anche perché tutti gli astrobiologi si sono sempre concentrati nella ricerca dei gemelli della Terra, convinti che solo copie pressoché perfette del nostro pianeta- per dimensioni, temperatura, caratteristiche fisiche e chimiche- potessero garantire alla vita di affermarsi. Ma spesso quel che alla scienza sembra certo e incontestabile per anni viene poi messo in discussione da nuove evidenze e nuove ricerche. Se l’intuizione di Madhusudhan e dei suoi colleghi dovesse dimostrarsi esatta, cambierebbe davvero tutto e potremmo dover ridefinire persino il concetto di Fascia di Abitabilità, estendendolo a temperature molto più calde o più fredde di quanto stabilito fino a oggi, ampliando ulteriormente il numero di esopianeti candidati a ospitare la vita.

NELLA GALASSIA, LOE SUPER TERRE SONO MOLTO DIFFUSE

NELLA GALASSIA, LE SUPER TERRE SONO MOLTO DIFFUSE

Ne è un esempio lo stesso K2-18b. Prima, eliminato: per gli esperti, questo mini Nettuno nella costellazione del Leone era troppo grande per avere un nucleo roccioso ed era poi troppo caldo e con una pressione superficiale troppo intensa per poter accogliere forme di vita. Visione completamente ribaltata dall’articolo dell’Astrophysical Journal: secondo lo studio di Cambridge, in determinate condizioni, i pianeti come K2-18b possono invece diventare candidati estremamente interessanti e per questo urge dimostrare la presenza di biofirme. La lista capitanata da K2-18b è formata da 11 super Terre, tutte in orbita attorno a nane rosse e distanti tra i 35 e i 150 anni luce, poca cosa in termini galattici. «Dobbiamo essere aperti su dove ci aspettiamo di trovare la vita e quale forma potrebbe assumere, poiché la natura continua a sorprenderci in modi spesso inimmaginabili“, ha chiosato il dottor Madhusudhan.

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