Warp drive e sonde aliene, la fantascienza è già realtà?

Raccogliere informazioni su lune e pianeti, trovare nuove forme di vita, indagare sull’Universo: ecco a cosa servono le sonde che, a partire degli Anni Cinquanta del secolo scorso, abbiamo iniziato a inviare nel sistema solare e poi verso lo spazio interstellare- dalle prime costruite per osservare da vicino la luna fino all’ultima (in ordine di tempo) lanciata dalla NASA nell’ottobre 2023 per studiare l’asteroide metallico 16 Psyche. Facile immaginare che anche altre, ipotetiche civiltà tecnologiche esplorerebbero il cosmo nello stesso modo, tanto che gli astrofisici si preparano all’eventualità di veder arrivare, un giorno, delle sonde extraterrestri o di scoprire che sono già arrivate in passato.

LE SONDE VOYAGER, LANCIATE DALLA NASA

LA SONDA VOYAGER 1, LANCIATA DALLA NASA ALLA FINE DEGLI ANNI SETTANTA, HA LASCIATO IL SISTEMA SOLARE

D’altra parte, la Terra emette bio-firme (ossia, le tracce chimiche legate alla presenza di vita, come ossigeno, metano o acqua) da almeno tre miliardi di anni, mentre le tecno-firme (ovvero, i segnali prodotti artificialmente) esistono da oltre un secolo, contando le prime onde radio emesse all’inizio del XX secolo. Tutti elementi che gli scienziati alieni potrebbero aver individuato con le loro potenti strumentazioni, ma per verificarle meglio, da vicino, dovrebbero affidarsi alle loro sonde spaziali. Eppure, secondo i nostri esperti terrestri, quei potenziali colleghi al lavoro in altri sistemi stellari devono prima raggiungere delle capacità tecnologiche ed ingegneristiche estremamente avanzate per poter superare gli ostacoli che noi ancora non sappiamo come affrontare.

NELLA VIA LATTEA POTREBBERO VAGARE SONDE ALIENE?

NELLA VIA LATTEA POTREBBERO VAGARE SONDE ALIENE

«Se esistono civilità che viaggiano nello spazio, non è impossibile che da qualche parte, negli ultimi 3 o 4 miliardi di anni, qualcuno  lo abbia già fatto o abbia inviato delle sonde. Ma per spedirle fin qua, sulla Terra, hanno dovuto fronteggiare due grandi problemi: la distanza e il tempo», ha spiegato al sito online Popular Mechanichs Adam Frank, professore di astrofisica all’Università di Rochester. Per esempio, se fosse inviata dalla galassia pià vicina, Andromeda, la sonda compirebbe un viaggio pressoché eterno per coprire la distanza di 2 milioni e mezzo di anni luce. Salvo che i suoi costruttori non siano capaci di viaggiare più veloci della luce. «A meno che gli Alieni non conoscano una nuova legge della fisica che noi ignoriamo e trovino il modo di sfruttare i wormhole o la tecnologia del warp drive- per noi possibili solo a livello teorico- questo primo ostacolo potrebbe essere insormontabile. Qualsiasi cosa vada più veloce della luce è fantascienza, perché le leggi della  fisica dicono che non si può», ha chiosato Frank.

LA GALASSIA ANDROMEDA DISTA DUE MILIONI E MEZZO DI ANNI LOUCE

LA GALASSIA ANDROMEDA DISTA DUE MILIONI E MEZZO DI ANNI LUCE

Ma persino se gli Alieni riuscissero in questa mission impossible, subito dietro l’angolo troverebbero un altro grosso problema. Lo spiega al giornale online Scott McCormack, docente di scienza dei materiali e ingegneria all’Università della California, specializzato in strutture in grado di affrontare ambienti estremi proprio come lo spazio profondo. La sonda in questione, infatti, dovrebbe poter resistere per un lunghissimo periodo di tempo non soltanto alle radiazioni cosmiche, ma anche ai detriti spaziali che incontrerebbe durante il suo percorso verso la Terra. Secondo McCormack, gli scienziati ET dovrebbero progettare un materiale del tutto nuovo che combini nel giusto modo resistenza e durezza.

I VIAGGI COSMICI RICHIEDONO MATERIALI DURI E INSIEMNE RESISTENTI

I VIAGGI COSMICI RICHIEDONO MATERIALI DURI E INSIEME RESISTENTI

«La resistenza è la capacità del materiale di assorbire energia, ma di solito i materiali molto duri tendono ad avere una resistenza inferiore», spiega. «Per sopportare questi impatti ed evitare deformazioni, serve un materiale che abbia sia un’elevata durezza, sia un’elevata resistenza alla frattura. Cosa potrebbe essere? Non abbiamo ancora una risposta». In realtà, c’è una sostanza naturale che corrisponde abbastanza bene a questa descrizione: si tratta della madreperla, prodotta dai molluschi. Su scala nanometrica, i loro gusci sono formati da strati di carbonio (la madreperla) ammortizzati da strati di materiale organico. È questo a rendere quei gusci nello stesso tempo duri e resistenti, tanto che ora i nostri scienziati ipotizzano di utilizzare qualcosa del genere per costruire i reattori per la fusione nucleare. Queste sonde poi- a detta dell’ingegnere americano- potrebbero avere un aspetto insolito: sarebbero lunghe e appuntite come un’ago, per avere  una sezione trasversale molto ridotta nella direzione in cui si muovono.

LUNGO E AFFUSOLATO: QUESTA LA FORMA DI OUMUAMUA

LUNGA  E AFFUSOLATA: ERA QUESTA LA FORMA DI OUMUAMUA

Una forma che ricorda quella di Oumuamua, il misterioso visitatore interstellare che ha rapidamente attraversato il nostro sistema solare nell’autunno 2017. Un asteroide roccioso dal comportamento insolito o forse un planetesimo ricco di ghiaccio d’acqua, secondo l’ultima spiegazione condivisa dalla comunità scientifica. Oppure, proprio una sonda aliena, in base a quanto affermato da Avi Loeb, astrofisico di fama internazionale che ad Harvard ha lanciato il suo Galileo Project allo scopo di individuare altri simili corpi celesti insieme a qualsiasi oggetto dal comportamento anomalo di origine non naturale- insomma, gli UFO. Il professore ritiene che Oumuamua fosse un relitto tecnologico, spedito nel cosmo forse milioni di anni fa alla ricerca di vita nello spazio, se non addirittura inviato proprio in direzione della Terra per raccogliere informazioni sul nostro pianeta. In un suo articolo scientifico (scritto a quattro mani con il fisico Sean Kirkpatrick, ex direttore dell’AARO, l’ufficio del Dipartimento della Difesa statunitense incaricato di far luce sugli UAP avvistati dal personale militare) sostiene poi che nella Via Lattea potrebbero muoversi miliardi di sonde extraterrestri.

IL PROFESSORE DI HARVARD AVI LOEB

IL PROFESSORE DI HARVARD AVI LOEB

Convinto della possibilità che alcune di esse siano già arrivate fin qua, nella nostra atmosfera o nei nostri mari, e pure da parecchio tempo, è un altro stimato ricercatore, ovvero Garry Nolan. Non è un astrofisico, ma un medico, professore di patologia alla Stanford University, con un curriculum invidiabile: ha un dottorato di ricerca in genetica, ha scritto oltre 300 pubblicazione scientifiche,  vanta decine di brevetti e ha fondato ben 8 società biotecnologiche. Uno scienziato vero, che però fa affermazioni fantascientifiche. Come quando, ospite di un forum a New York incentrato sulle innovazioni, si è detto sicuro al 100 per cento che alcune civiltà spaziali ci abbiano già visitato. Lo ha affermato lo scorso maggio- ve ne abbiamo parlato sul blog– ma ora, con un sensibile ritardo, se n’è accorto anche il Corriere della Sera che ha appena dedicato al professor Nolan un lungo articolo. Particolare notevole: le dichiarazioni dell’eminente studioso, per una volta, non sono state oggetto di derisione o ironia, ma sono state riportate in modo imparziale. Segno che il maistream incomincia a trattare seriamente la tematica?

IL DOTTOR NOLAN DURANTE IL SUO INTERVENTO A NEW YORK

IL DOTTOR NOLAN DURANTE IL SUO INTERVENTO A NEW YORK

In ogni caso, sembra proprio che Frank e McCormack abbiano una visione non solo un po’ troppo pessimista, ma anche eccessivamente antropocentrica: il fatto che l’umanità non sia ancora in grado di compiere viaggi interstellari non significa che altre civiltà, più evolute della nostra e con conoscenze assai superiori, non ce l’abbiano invece già fatta. E poi perché ipotizzare una visita da altre remotissime galassie? Perché non pensare invece a vicini tecnologici provenienti da sistemi solari della Via Lattea, a distanze di “appena”  10 o 20 anni luce? Infine, a smentire l’impossibilità di perlustrare il cosmo con astronavi iperveloci è la stessa NASA, o meglio un suo fisico, Harold Sonny White, che sta cercando di approfondire gli studi di Miguel Alcubierre, il primo ad aver teorizzato il warp drive- per intenderci, il motore a curvatura usata dalla Enterprese della famosa saga di Star Trek.

IL WARP-DRIVE DELL'ASTRONAVE ENTERPRISE (STAR TREK)

IL WARP-DRIVE DELL’ASTRONAVE ENTERPRISE (STAR TREK)

Quel tipo di propulsione permetterebbe all’astronave di muoversi nell’universo a una velocità superiore a quella della luce,  “piegando” lo spazio-tempo. Il problema, però, è che una simile tecnologia richiederebbe una quantità di energia inimmaginabile, addirittura pari alla massa di Giove. Le ricerche di White volte a perfezionare l’impianto teorico di Alcubierre si incentrano proprio sulla riduzione dei consumi di questo fantascientifico motore a curvatura. Se mai la NASA riuscisse a realizzare questa propulsione capace di piegare lo spazio-tempo, i viaggi interstellari sarebbero una realtà: per raggiungere Alpha Centauri- la stella a noi più vicina, a circa 4 anni luce- basterebbero appena due settimane. E chi può escludere che qualche scienziato extraterrestre non possa aver raggiunto questo risultato già millenni fa?

 

 

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