Vita extraterrestre, scoperte ed ipotesi

Gli ultimi potrebbero diventare i primi- i primi pianeti sui quali cercare la vita extraterrestre. Si tratta di tre mondi, appena scoperti dai ricercatori del dipartimento di Astrofisica e Geofisica dell’Università di Liegi, in Belgio, considerati molto promettenti. Lassù, in questo sistema solare a circa 40 anni luce da noi, potrebbero esistere le condizioni ideali per lo sviluppo della vita, forse anche intelligente. La stessa che, secondo un’altra ricerca, sarebbe diffusissima nel cosmo.

IL NUOVO SISTEMA SOLARE APPENA SCOPERTO

LA NANA ROSSA A CONFRONTO CON IL NOSTRO SOLE

I tre pianeti in questione orbitano ai margini della Fascia di Abitabilità di una nana rossa ultrafredda, molto più piccola e meno calda del Sole- la temperatura non supera i 2500 gradi, circa la metà rispetto al nostro astro- nella costellazione dell’ Acquario. Nella posizione in cui si trovano, riceverebbero la giusta quantità di calore e di luce per mantenere l’acqua allo stato liquido e per favorire lo sviluppo di forme viventi come le conosciamo noi. Ad individuarli, è stato il Transiting Planets and Planetesimals Small Telescope- in breve, TRAPPIST– il telescopio dell’ESO, l’Osservatorio Australe Europeo che si trova in Cile.

Proprio come fa, dallo spazio, Kepler, anche TRAPPIST- da terra- punta una stella e cattura le pur minime variazioni della sua luminosità durante il transito di corpi celesti: delle “mini-eclissi” che permettono di calcolare le dimensioni, il periodo di rivoluzione e altri dati di questi mondi alieni. Gli scienziati hanno potuto stabilire che i tre pianeti sono delle quasi-Terre, grandi come Venere e Marte; due ruotano attorno alla nana rossa in 1,5 e 2,4 giorni, mentre il terzo ha un’orbita variabile, al massimo di una settantina di giorni..

L’autore principale dello studio pubblicato su Nature, l’astrofisico Michael Gillon, ha affermato: ”Questi periodi orbitali così brevi dimostrano che i pianeti sono da 20 a 100 volte più vicini alla loro stella di quanto non lo sia la Terra al Sole. La struttura di questo sistema planetario ricorda, in scala, quello delle lune di Giove.” Tuttavia, proprio per il fatto che la nana rossa è molto fredda, essi non sono esposti a condizioni estreme. Anzi, secondo i ricercatori, ricevono al massimo 2-4 volte la quantità di luce che giunge sul nostro pianeta.

UN'IMMAGINE ARTISTICA DI UNO DEI NUOVI PIANETI

UN’IMMAGINE ARTISTICA DEI NUOVI PIANETI

La scoperta è rilevante anche perché è la prima volta che vengono individuati pianeti attorno ad una nana rossa ultrafredda. Ovvero, alle stelle più diffuse nell’Universo: nella Via Lattea arriverebbero all’80 per cento del totale e un astro su sei tra quelli a noi più vicini appartiene a questa tipologia. Dunque, forse siamo letteralmente circondati da sistemi solari formati da queste sorelle minori del Sole e da cugini della Terra sui quali non si può escludere che si sia sviluppata la vita, dai livelli più semplici a quelli più avanzati.

D’altra parte, che la specie umana non sia l’unica del creato ad aver raggiunto un interessante livello tecnologico lo afferma uno studio da poco pubblicato su Astrobiology. Nell’articolo, due astronomi- Adam Frank, professore all’Università di Rochester (New York)  e il collega Woodruff Sullivan dell’Università di Washington (Seattle)- hanno rivisitato la famosa Equazione di Drake con la quale si calcola  il numero di potenziali civiltà aliene nell’ Universo, aggiornandola sulla scorta delle continue scoperte di esopianeti e senza prendere in esame il fattore tempo.

“Il nostro approccio risponde a una domanda molto diversa dal modo con il quale il soggetto è normalmente trattato. Le consuete discussioni astrobiologiche riguardo la vita intelligente si focalizzano sul numero di specie tecnologiche attualmente esistenti con le quali potremmo comunicare, ma piuttosto che chiederci se adesso siamo soli, noi ci domandiamo se siamo l’unica specie tecnologica che sia mai apparsa (…) Quante volte nella storia dell’universo l’evoluzione ha portato ad una specie evoluta, di breve o di lunga durata?”, scrivono Frank e Sullivan nel presentare il loro metodo di ricerca.

IL TELESCOPIO DELL'ESO IN CILE

IL TELESCOPIO DELL’ESO IN CILE

Modificando in quest’ottica alcuni fattori della suddetta equazione- una vera e propria formula matematica- la conclusione è sorprendente: la possibilità che la civiltà umana sia un unicum nella storia del cosmo è meno di una su 10 miliardi di bilioni. Limitatamente alla nostra galassia, la probabilità è invece di una su 60 miliardi. “Per me, questo significa che è quasi certo che un’altra specie intelligente in grado di produrre tecnologia si è evoluta prima di noi”, ha dichiarato Frank.

Se anche ipotizzassimo che la vita si sia sviluppata soltanto su un pianeta su un miliardo tra quelli che orbitano nella Fascia di Abitabilità,  ha spiegato l’astronomo alla CBS, ciò vorrebbe dire che il “miracolo” si è verificato almeno 10 mila miliardi di volte nella storia. Numeri stratosferici, che rendono praticamente impossibile pensare alla Terra e a noi esseri umani come un fortunato, irripetibile caso mai più ripetutosi in tutto il cosmo. Al contrario, verrebbe da pensare che un po’ ovunque, attorno a noi, ci siano o ci siano state civiltà avanzate.

Ma le distanze interstellari e l’incertezza sulla durata di tali civiltà aliene- che potrebbero essere sorte e scomparse prima ancora che il nostro pianeta si formasse o comunque prima che gli ominidi scendessero dagli alberi della savana africana- rendono assai improbabile una comunicazione o una qualche forma di contatto. Insomma, potremmo non conoscere mai le altre creature che hanno condiviso lo stesso percorso evolutivo in remoti sistemi solari. Ciononostante, per Adam Frank questo studio apre nuove prospettive.

LE CIVILTÀ ALIENE SAREBBERO OVUNQUE NEL COSMO

LE CIVILTÀ ALIENE SAREBBERO OVUNQUE NEL COSMO

“I nostri risultati implicano che l’evoluzione umana non è stata un’eccezione e probabilmente ha avuto luogo molte altre volte prima- ha detto il ricercatore di New York. “Gli altri casi sono suscettibili di includere civiltà ad alta attività energetica con effetti sui rispettivi pianeti man mano che si sono sviluppate. Ciò significa che possiamo iniziare ad analizzare la questione usando simulazioni per dare un senso a cosa può portare una civiltà a lungo termine e a cosa no”. Insomma, potremmo iniziare ad esplorare non più random, ma in modo molto più mirato.

SABRINA PIERAGOSTINI

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